Il programma di analisi costi-benefici promosso con molto vigore dal ministro Toninelli non aveva solo l’obiettivo di supportare (non di sostituire!) le scelte politiche: aveva anche quello, forse persino più importante, di promuovere la trasparenza ed il dibattito democratico su tali scelte. Nel caso di questo costosissimo ed impattante progetto (8 miliardi di Euro, tutti a carico dei contribuenti) di dibattito democratico non si è vista neppure l’ombra. Addirittura, prima che l’analisi fosse resa pubblica, il progetto è stato dichiarato ottimo e fattibile. Nessuno osi metterlo in dubbio!

Ma politicamente questa sconfessione di un obiettivo fondamentale non è nemmeno stata sufficiente: il ministero ha deciso di smentire sè stesso, dichiarando contro l’evidenza dei numeri, che “comunque costa troppo fermarla”. Nonostante l’evidenza dei numeri dica che i benefici sociali del progetto sono talmente inferiori ai suoi costi, che anche considerando lo scenario più pessimistico per i costi di rescissione del contratto (1,2 miliardi di Euro), convenga alla collettività cancellarlo. Infatti 2,384 miliardi di Euro è la perdita di benessere che genera il progetto. I costi di recessione da pagare sono al massimo 1,2 miliardi, quindi non facendo il progetto la collettività risparmierebbe 1,184 miliardi di Euro.

L’unica ipotesi possibile è che il ministero abbia assunto contemporaneamente uno scenario pessimistico per i costi di rescissione e lo scenario iper-ottimistico di traffico, che gli autori hanno dichiarato espressamente non verosimile. Ma questa ipotesi sfida l’onestà intellettuale di chiunque.

E’ anche mancato il coraggio civile di ricordare all’opinione pubblica che:

  1. a) questo appalto è stato affidato senza gara poco prima che scattasse l’obbligo europeo di mettere in gara gli appalti (i motivi sono misteriosi), e
  2. b) lo Stato ha incredibilmente deciso di auto-multarsi se non realizzava l’opera o non la affidava ad un soggetto diverso. (Anche questo per motivi misteriosi).

O forse non misteriosi, facendo ipotesi malevoli, e ricordando che si era in piena tangentopoli. Per inciso, un contenzioso legale con il costruttore sulle penali sembra davvero poco verosimile, in quanto questo fa capo, se pur indirettamente, alla mano pubblica (ENI e Cassa Depositi e Prestiti), e le penali tecnicamente sono un trasferimento, non un costo sociale vero e proprio.

Ma certo, dire oggi un “sì” entusiasta ad un’opera, contemporaneamente ricordandone all’opinione pubblica le origini così poco edificanti, faceva probabilmente perdere qualche consenso ulteriore.

Perché dunque è mancato il coraggio di dire chiaramente che la politica decideva per l’ennesima volta contro la logica economica, e si è dovuto assistere a una così poco onorevole manipolazione dei numeri? Proviamo a fare ipotesi, per capire. Sempre, si intende, con estrema malevolenza.

La prima spiegazione della rinuncia ad argomentare con considerazioni politiche questa scelta, può essere ovviamente dovuta alla difficoltà tecnica di tale argomentazione, giudicata evidentemente insuperabile. L’analisi infatti è molto molto prudente e articolata, al punto di escludere tra i costi sociali dell’opera, quelli ambientali “di cantiere”, spesso non trascurabili. Di certo non ritenuti trascurabili dall’opinione pubblica locale di orientamento pentastellato, contraria all’opera.

Né sono stati usati ì soliti “mantra” di visioni strategiche buone a giustificare ogni sorta di spreco dei soldi dei contribuenti. forse in quanto in questo esercizio il ministro precedente Delrio ed i suoi tecnici sono risultati insuperabili. Gara persa in partenza.

Una seconda spiegazione può essere ricercata nella sopravvenuta debolezza politica del M5S rispetto alla Lega, o anche una debolezza personale del ministro all’interno del suo stesso movimento, ma questa dimensione è davvero insondabile dall’esterno.

Ma si affaccia una spiegazione forse ancora meno esplicitabile all’opinione pubblica: una spartizione geografico-elettorale di quei soldi. Non a caso il movimento 5 stelle ha recentemente plaudito, senza smentite, alla spesa di 12 miliardi per le ferrovie siciliane, destinate con ogni probabilità a rimanere comunque deserte per banali ragioni di traffico e demografiche. Nessuna analisi è in vista per tale fiume di soldi, a cui vanno aggiunti altri miliardi per la linea Napoli-Bari, neanche per la quale sono previste analisi, nonostante esistano solidi dubbi sulla sua sensatezza socioeconomica.

In sintesi: al Nord il ministero dice di sì anche contro le indicazioni delle analisi socioeconomiche, al Sud le analisi, per paura di sorprese, nemmeno verranno fatte. Dati i bacini elettorali in gioco, non suona questo uno scenario molto verosimile? Soldi di tutti noi per comprare voti: una non nobile tradizione italiana, e non solo italiana, che continua.

Marco Ponti

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