Politici e economisti: un dialogo difficile
Il convegno internazionale sulla valutazione dei progetti di trasporto
(annunciato sul Fatto del 18 settembre e organizzato da Bridges Research)
ha visto una serie di contributi di esperti italiani e stranieri, e una tavola
rotonda finale con la partecipazione politici di diverso orientamento.
C’è stato un vasto consenso sul fatto che occorre valutare in modo
trasparente, l’”arbitrio del principe” deve essere supportato sia da numeri
adeguati che da un dibattito democratico informato.
Anche sul “come valutare”, c’è stato un vasto, ma ovvio, accordo che se ci
sono tempi e mezzi è necessario costruire modelli economici generali cui
poi riferire i singoli progetti, e che quindi le analisi del tipo costi-benefici
sono solo l’assoluto minimo da fare in ogni caso, in mancanza di meglio.
Anche su fatto che gli investimenti facciano crescere il PIL più dei consumi
c’è accordo, ma certo questo non vale per tutti gli investimenti. Oggi in
Italia ci troviamo ancora di fronte a moltissimi progetti, alcuni in fase di
avvio, per i quali manca anche un minimo di analisi, in quanto dichiarati
strategici “a prescindere” durante il governo Gentiloni.
I problemi maggiori emersi non concernono tanto le diverse tecniche di
valutazione, pur rilevanti, quanto il fatto che i politici tendono
irresistibilmente a spendere (la spesa, anche la più inefficiente, porta voti,
risparmiare e mettere i conti in ordine li fa perdere). I tecnici che strillano
“attenzione, questo è probabilmente uno spreco di soldi pubblici”
diventano immediatamente impopolari. E’ esattamente quello che è
successo al gruppo di valutazione costituito al Ministero dei Trasporti nel
governo Conte 1: al primo NO emerso dai conti economici, pur rigorosi e
documentati, per una grande opera molto costosa e con scarso traffico, si
è scatenato l’inferno, e l’esperimento si è subito concluso. Vedremo col
prossimo.
Marco Ponti