28 settembre 2024
di Francesco Ramella
Se la casa brucia occorre fare presto. Poco importa se all’interno c’è anche un dipinto prezioso che potrebbe essere irrimediabilmente danneggiato dall’uso di un idrante. E, ci viene ripetuto incessantemente, la Terra sta bruciando e occorre fare presto. Poi, però, quando dalle parole si deve passare alle azioni, alcuni tra i più duri e puri catastrofisti non sembrano brillare per coerenza.
Lo si è visto di recente con la decisione della Sardegna di impedire l’installazione di fonti rinnovabili su oltre il 99% del territorio regionale e, nuovamente, con l’appello al Presidente della Repubblica sottoscritto da 100 vip e intellettuali contro la realizzazione di un parco eolico a Orvieto che “avrebbe impatti devastanti sul paesaggio e metterebbe a repentaglio le economie locali”.
Entrambe le posizioni fanno emergere come, anche in questo caso, non ci siano pasti gratis ma solo trade-off. Le rinnovabili comportano minori esternalità dal punto di vista delle emissioni ma sono più impattanti per il territorio. Come uscirne? La strada della imposizione da parte dello Stato può certamente essere efficace ma non è accettabile da parte di chi pensa che nessuno possa subire un’aggressione da terzi. L’altra opzione è quella della persuasione e della compensazione monetaria di chi è danneggiato.
C’è poi la possibilità di scegliere una tecnologia alternativa, quella nucleare, il cui impatto su paesaggio e territorio è di gran lunga più contenuto. Il problema è che il catastrofista e difensore del paesaggio è, spesso e volentieri, anche contrario a questa soluzione e per decenni l’ha osteggiata sempre facendo leva, invece che sulle non brillanti prestazioni in termini di costi e tempi di costruzione degli impianti, su un allarmismo che di scientifico ha assai poco.
Altra via non c’è se non quella della decrescita che non sembra però avere particolari chance di coagulare su di sé il supporto di una maggioranza di persone da noi e, tantomeno, nei Paesi a reddito più basso che di energia ne vorrebbero molta di più e dalle cui scelte dipende in larga misura il futuro del clima. Noi dobbiamo fare la nostra parte ma consapevoli di essere ormai dei comprimari.
A voler fare i primi della classe rischiamo di farci molto male senza che gli altri quasi si accorgano del nostro sacrificio. Certo, se il cambiamento climatico non è un problema da risolvere al minimo costo economico e ambientale ma uno strumento per rivoltare come un calzino un sistema economico inviso allora la strategia del niet a tutto è la migliore possibile.