La strana abbinata Milano-Cortina, e la Patria tutta, ha trionfato contro un unico concorrente, e per un pelo c’era anche il rischio di correre da soli (Stoccolma ha manifestato forti perplessità, prima di decidersi a concorrere).
Ma qui da noi si stimano strepitosi benefici economici: come mai allora non c’era una coda di aspiranti alle porte dei giudicanti? Ovviamente perché questi mirabolanti benefici non sono considerati tali dalla maggioranza delle nazioni candidabili (non si vuole mettere nell’elenco la Giamaica, ma insomma…).
Il primo problema è che troppo spesso le analisi ex-post smentiscono quelle ex-ante, e non solo perché i costi tendono ad esplodere, come capita quando ci sono di mezzo molti soldi pubblici.
Il problema è che il metodo che si usa sempre in Italia, quello del Valore Aggiunto, citato anche da Salvini e da molti studiosi non molto avvezzi a dire dei “no”, tende a dire sempre dei “si” a tutto. Infatti del Valore Aggiunto quando si spendono dei soldi pubblici o privati si ha sempre: è fatto dalla somma dei maggiori salari che ogni spesa genera, e dai maggiori profitti delle imprese che producono beni e servizi (è la remunerazione aggiunta dei fattori della produzione).
E’ ovvio che cosi i risultati non possono che essere positivi, e politici e imprenditori e sindacati ne sono ovviamente felicissimi, e le commissionano a mani basse a professori esultanti. Ma appare altrettanto ovvio che usare questo metodo per singoli progetti non ha senso. Faremmo 5 Olimpiadi, 2 Expo, 1 giubileo e 3 TAV all’anno. Forse non è il caso.
Occorre almeno estrema prudenza nel come questa analisi viene usata, evitando per esempio di considerare come benefici consumi aggiuntivi, mentre ne sostituiscono altri. Occorrerebbe soprattutto affiancare questo tipo di analisi, che dice sempre si, alla ben più severa analisi costi-benefici, che non assume implicitamente il costo dei fattori produttivi come nullo. Meglio ancora se corredata da una modellistica adeguata, come per esempio quella nota come CGE (Computable General Equilibrium).
Comunque il prof. Massiani, molto più esperto di che scrive nell’analisi di grandi eventi, accanto a raccomandare estrema prudenza, osserva che dai dati ex-ante questa olimpiade non sembra messa male, se starà rigorosamente nei costi previsti.
E qui emerge una perplessità specifica di chi scrive, che riguarda proprio il caso Expo, indubbio grande successo. Ma con conti estremamente opachi: il preventivo per le infrastrutture esterne era di 9,5 miliardi di Euro, un multiplo di quello per la manifestazione vera e propria, sui cui conti resi pubblici pur vi sono stati vivaci dibattiti.
Nulla invece è stato rendicontato dei quei 9,5 miliardi di soldi pubblici, né dal punto di vista economico né finanziario né procedurale. La motivazione implicita era stupefacente: trattandosi di opere pubbliche, erano sicuramente utili alla collettività. Di nulla deve essere reso conto, è, come sempre l’arbitrio del principe benevolo e onniscente. Qualcosa si sa, ma è pochissimo: non tutti quei soldi sono stati spesi, e sicuramente molte opere costosissime realizzate sono rimaste del tutto inutilizzate (vi sono raccordi autostradali multilivello per collegarsi a parcheggi rimasti deserti che neanche Los Angeles…Basta dare un occhio a GoogleMaps). E come sono stati affidati lavori miliardari di dubbia utilità? Nessuno lo sa né lo saprà.
Poi in questi casi c’è sempre fretta, gare a volte proprio non se ne fanno, o se ne fanno di molto particolari. E figurarsi in tempi sovranisti lo spazio che troveranno nelle gare costruttori polacchi o fornitori di impianti croati…vi sono già stati grotteschi tentativi in passato di grida “non passa lo straniero!” per eventi simili).
Ma certo non sarà così questa volta, dell’utilità delle opere pubbliche aggiuntive sarà reso conto fino all’ultimo centesimo, con analisi finanziarie e costi-benefici sia ex-ante che ex post, e non affidate a studiosi di parte come è notoriamente chi scrive sempre male di spese pubbliche che fanno felici tanta brava gente.
Marco ponti