Un grande piano ferroviario per la Lombardia? 

La politica di riequilibrio modale perseguita dalla Unione Europea e dei singoli Paesi da più decenni non ha portato al risultato auspicato, nonostante gli ingenti trasferimenti di risorse pubbliche alle imprese ferroviarie (in Italia intorno ai 10 miliardi all’anno). A più di vent’anni dalla pubblicazione del Libro Bianco sui Trasporti, le quote di domanda di mobilità delle persone soddisfatte da ciascun modo di trasporto sono rimaste pressoché invariate; per le merci, la ferrovia ha subito un ulteriore arretramento passando da una quota pari al 15,6% della quantità di merce trasportata all’11,5%. E, se si confrontano ferrovia e strada in termini di fatturato e di flussi veicolari equivalenti, si scopre come il divario sia ancora più ampio.

Se ne prende atto, forse per la prima volta da parte di un soggetto istituzionale, anche in un documento ufficiale del MIMS nel quale si può leggere che: “Lo spostamento di una piccola aliquota dei traffici dalla strada (rispettivamente pari a circa allo 1,9% e al 3,2%) sulla ferrovia, significherebbe quasi raddoppiare i volumi di traffico ferroviario del 2019 entro il 2030 e incrementarli del 160% entro il 2050”. Si evidenzia altresì che: “l’80% degli spostamenti di camion ha una lunghezza inferiore ai 200 km, ovvero in un intervallo di distanza nel quale il trasporto ferroviario è difficilmente competitivo, e ben il 90% inferiore ai 300 km. In altre parole, quindi, una quota significativa del trasporto delle merci sulla rete autostradale è captive, e non potrà essere di fatto spostata su modalità di trasporto alternative… Le politiche di perseguimento della sostenibilità ambientale del trasporto merci su strada devono quindi basarsi prevalentemente sull’efficientamento ambientale dei veicoli merci su strada”. Efficientamento che eroderà ulteriormente il vantaggio ambientale della ferrovia.

Si nota infine che “l’autotrasporto sta vivendo una progressiva trasformazione ed efficientamento organizzativo, testimoniato dal consolidamento delle imprese del settore e dai provvedimenti e normative specifiche adottate, quali ad esempio, la revisione dei limiti dimensionali per gli autoarticolati, recentemente portati ai 18 metri di lunghezza, che renderanno il trasporto stradale ancor più competitivo”.

Parole inequivocabili che dovrebbero portare a rivedere il centro di gravità permanente della politica dei trasporti. Anche perché il presente livello di pedaggi e tassazione sulle tratte autostradali è tale per cui le esternalità sono più che internalizzate e lo spostamento modale da gomma farebbe, tranne possibili eccezioni, perdere benessere collettivo come, tra lo stupore di quasi tutti, venne messo in evidenza dall’analisi costi-benefici del nuovo collegamento ferroviario Torino – Lione.