L’Europa e il clima: si può dare di più

L’Europa ha assunto l’obiettivo di azzerare le emissioni che causano il cambiamento climatico (GHG, principalmente il CO2) entro il 2050. Si tratta di un obiettivo essenzialmente politico, in attuazione dell’Accordo di Parigi che prevede di limitare l’aumento di temperatura media globale ben al di sotto dei 2 °C. Un obiettivo così stringente rappresenta innanzitutto un’assunzione di responsabilità per le emissioni cumulate nel passato. In secondo luogo, ci può essere un “effetto annuncio”: si richiede uno sforzo estremo a cittadini e imprese, sapendo che se ne otterrà comunque solo una parte. Da ultimo, può esserci anche un obiettivo implicito di politica industriale: accelerare innovazioni tecnologiche che diventano successivamente esportabili. Esistono però seri dubbi che i costi, anche sociali, di una politica così drastica superino nettamente i benefici (si veda in particolare Tol, R., 2021.  Europe’s Climate Target for 2050: An Assessment7(8.3%), Intereconomics, Vol. 56, N. 6, pp. 330–335). La UE valuta il costo unitario di abbattimento al 2050 pari a 800€, valore di molto superiore alle stime del costo esterno rinvenibili nella letteratura scientifica. L’inefficienza dell’approccio europeo è d’altra parte evidenziata dal fatto che siano stati stabiliti aprioristicamente target per i singoli settori indipendentemente dal livello di internalizzazione di ciascuno di essi, livello che varia in un range ampio: nel caso del trasporto stradale esso è molto elevato (la tassazione dei carburanti equivale a una carbon tax superiore ai 300€), in altri più modesto mentre l’agricoltura è fortemente sussidiata. Un approccio basato sull’applicazione di una carbon tax uniforme comporterebbe azioni di riduzione più rilevanti là dove l’internalizzazione è minore o assente. E consentirebbe, a parità di risorse impiegate, di conseguire una riduzione di emissioni più elevata, obiettivo che dovrebbe essere da tutti condiviso. Il massimo di efficienza e di equità in relazione alla responsabilità delle emissioni cumulate si otterrebbe ripensando l’attuale approccio “sovranista” e finanziando interventi di abbattimento in tutto il mondo e in particolare nei Paesi che emettono molta più CO2 per unità di ricchezza prodotta. Così operando la redditività delle politiche adottate potrebbe aumentare anche di un ordine di grandezza e, quindi, tendenzialmente superare il test della  valutazione costi-benefici.