12 maggio 2023
Intervista di Carlo Di Foggia a Francesco Ramella
“E’ tutto surreale, come d’altronde tutta la storia di questa opera”. Francesco Ramella, ingegnere dei trasporti, era membro della Commissione per l’analisi costi-benefici sulle grandi opere voluta dal governo Conte che nel 2019 bocciò il Tav Torino-Lione. Il rapporto del Conseil d’orientation des infrastructures francese, che propone di rimandare al 2043 la realizzazione della linea tra Lione e l’imbocco del tunnel di base, pare ora di nuovo all’attenzione del governo francese.
Non la stupisce?
Non è una novità, il Coi aveva già detto che non aveva senso rifare quella tratta e bisognava concentrarsi sul potenziamento della vecchia linea Digione-Modane che passa a Nord di Lione. Nel 2019 l’allora ministra dei Trasporti, Elisabeth Borne, oggi premier, scrisse al prefetto di Lione le stesse cose: ‘L’obiettivo è effettuare investimenti a breve termine nella linea convenzionale e aumentare la sua capacità fino a 10 milioni di tonnellate di merci all’anno al momento dell’apertura del tunnel transfrontaliero (2030), poi 15 milioni di tonnellate. Per quanto riguarda le nuove sezioni di linea tra Lione e la sezione transfrontaliera del tunnel, le riflessioni proseguiranno per determinare gli investimenti opportuni allo scopo di far fronte nel tempo all’aumento del traffico”.
Insomma, si sapeva già tutto.
E hanno deciso di procedere lo stesso. Il governo francese diceva ragionevolmente che la linea esistente è sufficiente e le decisioni vanno prese in funzione del traffico: oggi quello merci che passa dal vecchio tunnel è di 3 milioni di tonnellate annue, per arrivare a 15 bisogna dirottare sui binari quasi tutto il traffico che oggi passa su gomma dal Fréjus e dal Monte Bianco, ma è impossibile, a meno di vietarlo. Numeri noti da anni.
Salvini attacca i fran cesi, Paolo Foietta, ex commissario all’opera e oggi a capo della Conferenza Italo-francese dice che così il tunnel sarà “inutilizzabile”.
Dice il falso, ma ammette che non era sensato farlo. C’è troppa ipocrisia. Foietta non può lamentarsi perché questa cosa la sapeva da anni. I francesi dicono: cè una linea, la potenziamo e solo quando sarà satura ne faremo un’altra. Così a loro il Tav costerà circa 2 miliardi, a noi tre, pur essendo per due terzi in territorio loro. E i costi saliranno per i rincari.
Quando lo bocciaste veniste attaccati da politici e stampa.
E tutto perché dicevamo un’ovvietà: costi di molto superiori ai benefici. Ricevemmo attacchi personali di ogni genere ma, passata la polemica, nessuno a livello scientifico ha contestato quei dati.
Intanto le analisi costi-benefici il ministero non le fa più.
Quelle sui grandi progetti ferroviari le fa Rfi, cioè la stazione appaltante, e infatti sono tutte positive. Con la nostra Onlus di tecnici, Bridges Research, le abbiamo controllate e non ci tornano i dati, ma non interessa a nessuno. Prendiamo il ponte sullo Stretto di Messina: la prima impressione è che non valga la spesa. Servirebbe fare l’analisi e discuterla, poi decidere. Invece si è già partiti.