18 luglio 2022
di Francesco Ramella
Dalle tv alle facciate, dal verde al risparmio idrico, dalle terme alle vacanze, dai trasporti pubblici alla benzina, fino al superbonus 110%, la cronaca politica di questi ultimi anni ha mostrato un crescendo di provvedimenti governativi a favore dei consumatori (e a carico dei contribuenti). In questo quadro appare in controtendenza il provvedimento adottato dalla Giunta comunale di Venezia che entrerà in vigore il prossimo 16 gennaio e che prevede il pagamento di un contributo di accesso alla città. Quello che prima era gratuito diverrà a pagamento. Anche se, a guardare bene, neppure prima il pasto era gratis. L’obiettivo della misura è quello di ridurre gli eccessi di turisti giornalieri e i picchi stagionali per garantire ai turisti una migliore qualità della visita. Il ticket sarà variabile in funzione del periodo dell’anno, del giorno e della fascia oraria di riferimento. Il prezzo da pagare è il meccanismo che consente di ridimensionare, quando necessario, la domanda alla offerta disponibile.
Il problema di Venezia, amplificato nel caso specifico dalle caratteristiche peculiari della città lagunare, è peraltro comune a tutte le grandi aree metropolitane e, in particolare, alle zone più centrali delle stesse. Vi è uno spazio limitato dove vorrebbero accedere più persone di quante ne possano essere accolte in modo efficiente. In assenza di un meccanismo che modifichi i comportamenti riducendo il numero di spostamenti nelle ore di punta, il prezzo da pagare è rappresentato dal maggiore tempo trascorso in coda. È anche questa una forma di regolazione ma del tutto inefficiente. Un po’ come se gli appartamenti delle aree centrali fossero accessibili a tutti gratuitamente e l’ingresso delle persone cessasse solo quando essi divengono sovraffollati.
Tranne poche eccezioni, in Europa le più significative sono quelle di Londra, Stoccolma e Milano, l’adozione di un sistema di pedaggio è stata finora snobbata dalle amministrazioni locali.
Vi è chi preferisce un approccio esplicitamente punitivo nei confronti dell’uso dell’auto in città. Venti anni fa, Chantal Duchène, all’epoca responsabile per la pianificazione dei trasporti a Parigi e nella Ile de France, scriveva: “sarà necessario ridurre lo spazio disponibile per l’auto in modo tale che i tempi di percorrenza diventeranno più lunghi e le altre modalità di trasporto diventeranno più interessanti”. Quell’intento è poi stato reso operativo con la conseguenza di un ulteriore aumento della congestione soprattutto nelle zone più periferiche e, paradossalmente, con il peggioramento della qualità dell’aria rispetto allo scenario di riferimento: le auto che procedono incolonnate emettono più sostanze inquinanti di quelle che viaggiano in modo più regolare.
In molti altri casi la ricetta preferita è quella del potenziamento dei trasporti collettivi. È senza dubbio una opzione più indolore rispetto a quella del pedaggio. Sia gli investimenti che i sussidi necessari per accrescere e migliorare l’offerta di bus, tram e metropolitane sono, nell’assetto attuale, quasi interamente a carico del Governo centrale e solo in minima parte gravano sulla collettività locale che ne gode i benefici.
Ma si tratta di un’alternativa non risolutiva per la congestione anche in ragione della inefficienza delle aziende che forniscono i servizi: una parte rilevante delle risorse aggiuntive viene “bruciata” per coprire gli elevati costi di produzione.
L’effetto principale di questa misura è quello di aumentare l’accessibilità ossia di consentire a un più alto numero di persone di recarsi nelle zone più dense. Ma, se con una nuova linea di metropolitana alcuni lasceranno la propria auto a casa, altri, appurato il lieve miglioramento delle condizioni di circolazione, prenderanno il loro posto fino a che si ritorna a un equilibrio vicino a quello iniziale. A Londra, pur dotata di un’eccellente rete di trasporti pubblici, prima dell’introduzione del pedaggio per accedere al centro città, la velocità media delle auto era di 14 km/h.
È d’altra parte comprensibile l’avversità di molti automobilisti all’introduzione di un balzello ulteriore che va ad aggiungersi alla già elevata tassazione che grava sulle quattro ruote anche perché, per essere efficace, il pedaggio deve essere piuttosto elevato (se una critica si può avanzare alla giunta di Venezia è quella di aver ipotizzato un ticket modesto che probabilmente non inciderà molto sull’afflusso dei turisti).
Per vincere questa resistenza si potrebbe adottare una variante dello schema pedaggio che prevede la distribuzione di un numero di permessi di accesso ottimale a tutti i potenziali interessati che potrebbero successivamente scambiarseli liberamente. Cosa succederebbe? Chi attribuisce un maggior valore al viaggio acquisterebbe il permesso da coloro che lo ritengono meno utile e questi ultimi, a fronte di un peggioramento delle condizioni di spostamento (dall’auto passeranno al trasporto collettivo o alla moto o bicicletta o rinunceranno del tutto a muoversi), otterrebbero un vantaggio monetario. Il risarcimento automatico delle persone danneggiate dalla misura verosimilmente faciliterebbe il coagularsi di un più ampio consenso rendendola così, oltre che efficiente, politicamente accettabile.