Nel lontano 2001 la Commissione Europea pubblicava il “Libro Bianco dei Trasporti”. Nella prefazione di quel documento di indirizzo della politica dei trasporti a scala continentale si legge che: “L’Europa deve assoluta­mente compiere una svolta nella politica comune dei trasporti. È giunto il momento di fissare per la politica comune dei trasporti nuove ambizioni: riequilibrare in chiave sostenibile la ripartizione modale”. Meno auto e ae­rei, più treni e metropolitane.

Sono trascorsi vent’anni da allora. In questo arco di tempo i Paesi della UE hanno trasferito alle imprese ferroviarie risorse ingentissime: più di mille miliardi tra investimenti e sussidi, una volta e mezza l’ammontare dell’at­tuale Recovery Plan. L’obiettivo prefissato è stato conseguito? No.

La quota modale della ferrovia è rimasta pressoché invariata e i due mezzi che hanno fatto registrare la maggior crescita sono quello stradale e quello aereo.

Nei decenni passati sono stati compiuti rilevanti progressi in termini di ri­duzione delle emissioni di inquinanti atmosferici e della incidentalità stra­dale. La congestione rimane un fenomeno molto circoscritto con costi pari a circa il 3% del surplus generato dalla mobilità su gomma. Si attestano ai valori massimi di sempre le emissioni di CO2. Ulteriori investimenti in linee ferroviarie non potranno, al contrario di quanto sostenuto dalla stessa UE, modificarne se non marginalmente l’entità anche in considerazione del fatto che la realizzazione di nuove infrastrutture comporta a sua volta la produzione di emissioni aggiuntive. Alla scarsa efficacia, declinante nel tempo in considerazione dell’attesa riduzione delle emissioni unitarie dei veicoli, si aggiunge l’inefficienza sociale del cambio modale dalla strada alla ferrovia sotto il profilo ambientale poiché, tranne eccezioni, gli utenti pagano in misura superiore ai costi che generano alla collettività. Il costo unitario di abbattimento ottenuto grazie alla realizzazione di nuove linee ad alta velocità è compreso tra otto e settanta volte il costo esterno così come stimato dalla UE.

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