5 Aprile 2022
di Marco Ponti
Gloriosa fu la vittoria del duo Milano-Cortina per le prossime olimpiadi invernali, in cui la concorrente Stoccolma, nota città tropicale, fu battuta e dovette ritirarsi, cosa di cui lì ancora se ne dolgono.
E’ ben vero che nessun altro le voleva, ma la Cina è stato un luminoso esempio di come il rischio di sprecare soldi pubblici venga giustamente ignorato in paesi in cui lo Stato è forte e deciso nel far rifulgere la sua immagine internazionale, senza le pastoie e i lacci dei dibattiti in aule sorde e grigie come i parlamenti.
Ma certo, in questo caso il problema del consenso non c’era nemmeno per l’Italia. Infatti i promotori tecnici e politici dell’evento si sono solennemente impegnati che non sarebbero stati necessari soldi pubblici. Neanche un euro (o pochissimi).
Tutto pagato dal pubblico e dagli sponsor. Beh, le cose non sembrano adesso andar proprio così: tra i costi da coprire con ricavi sembra siano stati messi solo quelli “interni” all’evento, pari a circa un miliardo e mezzo, ma altri costi pubblici generati dall’evento siano stati dimenticati, e sono poco meno di altri 3 miliardi circa in infrastrutture varie. Ma non bisogna star lì a guardare tutti i dettagli…La Patria chiama, perbacco.
Che poi Milano e Cortina non fosse proprio una soluzione logisticamente semplicissima non importa, se non saranno necessari soldi pubblici (o non saranno stati contabilizzati nel progetto, che in fondo è quasi lo stesso), la felicità della scelta sarà pienamente provata.
C’è poi questo fatto che aveva offerto di candidarsi anche Torino, che aveva un sacco di impianti delle olimpiadi precedenti rimasti tragicamente inutilizzati nonostante le previsioni contrarie. (Anche finanziariamente gli era andata molto male). Ma c’è un concetto che deve prevalere su ogni banale calcolo economico: si chiama “primato della politica”.
E primato fu: Torino era governata dall’orrida pentastellata Appendino (una delle poche di quel movimento con un minimo di cultura, ma non importa). Invece Lombardia e Veneto erano leghisti, e il sindaco Sala era notoriamente “fungibile” (non cambiar mai idea in fondo è da stupidi).
Ma cerchiamo piuttosto di capire il perché di questa vergognosa disaffezione mondiale per i “grandi eventi” (olimpiadi, esposizioni più o meno universali ecc…Noi per fortuna ne abbiamo uno in monopolio, che ci salva anche l’anima: si chiama Giubileo, cade solo ogni 25 anni, ma volendo si potrebbero infittire le date. A rigore dovrebbe essere a carico di chi lo organizza, il Vaticano, visto che, esentasse, dispone anche di sconfinate strutture di accoglienza a Roma, ma, “ad majorem Dei gloriam”, comunque ci mettiamo un sacco di soldi pubblici).
Uno dei maggiori economisti che ha studiato questi eventi l’abbiamo in casa, è il prof. Jerome Massiani che insegna all’università Bicocca di Milano. E’ noto per aver analizzato studi di moltissimi eventi in giro per il mondo, dai quali emerge che i benefici socioeconomici tendono ad essere tutt’altro che certi, e tendono a diminuire man mano che i calendari si riempiono di eventi, cioè il “mercato” tende a saturarsi.
E’ il fenomeno noto agli economisti come “legge dei rendimenti decrescenti”.
Ma questo professore è un brutto tipo, e sicuramente infido: pensate che ha osato mettere in dubbio che i calcoli fatti in uno studio pagato da Expo sulle ricadute economiche di Expo fossero troppo ottimistici, e che il saldo netto tra costi e benefici sociali fosse perciò dubbio. Ma gli accademici autori dello studio non hanno esitato un solo istante a rintuzzare quelle subdole insinuazioni. E non lo hanno fatto con insulse controargomentazioni scientifiche, ma con una virile minaccia di citarlo in giudizio se osava pubblicare quelle calunnie, frutto evidentemente non di calcoli economici ma di astio antitaliano, essendo costui francese!
Poi, non deve preoccupare che i conti recentemente chiusi da EXPO con dei risultati positivi ignorino completamente di rendere conto delle rilevantissime spese per infrastrutture fatte al di fuori del perimetro della mostra stessa: in queste vicende, e sarà così anche per le olimpiadi invernali prossime, si coglie sempre l’occasione per costruire infrastrutture qua e là, indipendentemente se serviranno solo per un breve periodo. Il cemento notoriamente ha una vita tecnica molto lunga, e quindi magari verranno buone in futuro, chi può sapere?
Altri critici malevoli potrebbero osservare che, dato il riscaldamento globale in corso, potrebbe venire a mancare un ingrediente utile per sciare ecc., noto come “neve”. E’ successo a Pechino, ma quelli, con invidiabile e tempestiva efficienza, hanno sostituito perfettamente il prodotto naturale con quello artificiale (che secondo alcuni è anche meglio). Hanno dovuto usare 422 cannoni sparaneve azionati da moderni motori diesel, che sembra hanno emesso CO2 e particolati come una media città in un anno. Così il risultato è stato brillantemente salvato, e l’immagine del glorioso paese asiatico non è risultata affatto appannata!
Ma sicuramente Giove pluvio (che spero si occupi anche di neve) non farà mancare alle italiche piste le precipitazioni necessarie, né consentirà che ci siano temperature tali da far squagliare subito la neve che cadesse.
Non ci resta che attendere qualche studio econometrico patriottico, che convinca ex-ante tutti della bontà dell’iniziativa (sembra ce ne siano di già avviati), e ne dimostri poi gli straordinari benefici conseguiti.
Meglio però che sia finanziato dagli organizzatori, senza incorrere in inutili rischi.