7 novembre 2022
di Francesco Ramella
Le auto sono ingombranti, pericolose per chi le usa e, soprattutto, per chi da pedone e ciclista condivide lo stesso spazio stradale. Inquinano l’aria ed emettono anidride carbonica che causa il cambiamento climatico. Le bici sono minute, fanno risparmiare, aiutano a tenersi in forma alleviando così il costo che grava sul servizio sanitario a causa della sedentarietà e non bruciano combustibili fossili.
Con queste premesse non sembrerebbero esservi dubbi sull’opportunità di ridurre il numero di auto che circolano in città a vantaggio delle due ruote.
Come spesso accade, però, la realtà è più complessa: non in bianco e nero ma con varie sfumature di grigio che vale la pena di approfondire.
“Questa corsia combatte il cambiamento climatico”: è la scritta accattivante comparsa su molte piste ciclabili. L’affermazione è corretta, ma si tratta di una lotta al contempo inefficace e inefficiente. Vediamo perché. Nell’area metropolitana di Copenaghen, la città al mondo dove più favorevoli sono le condizioni per l’uso delle due ruote, la bici soddisfa una quota della domanda di mobilità su strada intorno all’11% a fronte del 76% attribuibile all’auto. E, se allarghiamo lo sguardo all’intera Danimarca, i chilometri percorsi in bici rappresentano meno del 5% del totale.
Un quadro analogo si registra in Olanda dove, pur essendo il tasso di motorizzazione molto inferiore a quello italiano, l’utilizzo di ciascuna auto è di gran lunga maggiore; ogni residente nei Paesi Bassi percorre in media in auto 6.600 km a fronte dei 5.500 km di chi abita nel nostro Paese.
A ciò si deve aggiungere che per ogni tonnellata di CO2 evitata grazie alla riduzione dell’uso dell’auto, l’erario di uno Stato europeo perde all’incirca 250€ di accise; con tali entrate sarebbe possibile finanziare una riduzione di emissioni pari a un multiplo di quella effettivamente ottenuta. La bici, potremmo concludere, è solo in apparenza amica del clima.
E veniamo alla salute. Quasi tutti gli studi sul tema, sebbene non sempre di non eccelsa qualità, indicano un effetto positivo di un maggior uso della bici. Un articolo scientifico pubblicato su Lancet nel 2016 stima che il costo dell’inattività fisica è pari allo 0,48% della spesa sanitaria in Italia e allo 0,38% nei Paesi Bassi con un divario quindi dello 0,1% a nostro sfavore. In termini assoluti si tratta di una somma intorno ai 120 milioni a fronte di introiti fiscali complessivi del trasporto su strada che in Italia si attestano sui 50 miliardi.
A ciò si può aggiungere che la spesa pro-capite per la sanità in Olanda è superiore a quella dell’Italia del 59% in termini assoluti e dell’1,6% in rapporto al PIL.
Inoltre, sia in Olanda che in Danimarca, verosimilmente a causa di comportamenti alimentari peggiori dei nostri, la speranza di vita in condizioni di buona salute è di molti anni inferiore alla nostra.
Per quanto riguarda la sicurezza, viene spesso utilizzato come argomento a favore di un maggior ricorso alla bici quello della safety in numbers: quanto più aumenta il numero di ciclisti sulle strade tanto più si riduce il tasso di mortalità. Anche questa è un’affermazione corretta che, però, ci fornisce una prospettiva incompleta del problema. La domanda che dovremmo porci è la seguente: quali sono le conseguenze complessive per la sicurezza stradale di un minor uso dell’auto a favore della bici? Un paper relativo alla realtà olandese pubblicato alcuni anni fa giunge alla conclusione che il bilancio complessivo è, di poco, negativo sia in termini di vittime che di feriti ed è riconducibile soprattutto al maggior rischio di incidente autonomo (senza coinvolgimento di altri mezzi) per chi opta per le due ruote.
Da ultimo consideriamo l’aspetto relativo all’utilizzo dello scarso spazio urbano. Otto biciclette parcheggiate occupano lo spazio di una sola macchina. Meno auto in città vuol quindi dire più aree disponibili per alberi, panchine e giochi per i bambini. Se però la sosta è a pagamento, meno auto vuol dire anche minori introiti per il comune.
Bifronte può essere anche l’impatto sulla circolazione. Nuove piste ciclabili, se realizzate lungo un asse stradale riducono lo spazio a disposizione delle auto e questo può comportare, come accaduto a Parigi, un aumento della congestione nonostante la riduzione del traffico.
Invece di ritenere auspicabile apriori qualsiasi intervento che porti a un maggior uso della bici in città sarebbe quindi preferibile limitarsi a garantire a tutti coloro che preferiscono questa alternativa di potersi muovere in condizioni di maggior sicurezza facendo rispettare a tutti le norme del codice stradale e riducendo i limiti di velocità nelle zone più critiche e, al contempo, portare il traffico automobilistico a un livello ottimale. È quanto è stato fatto a Oslo dove l’accesso in auto in città è stato regolato con l’introduzione di un pedaggio, una parte dei flussi veicolari sono stati portati in sotterranea grazie alla realizzazione di numerosi tunnel stradali, gli spostamenti in bicicletta sono rimasti relativamente pochi (6%) e l’incidentalità stradale è stata drasticamente ridimensionata: nel 2019 vi è stata una sola vittima a fronte delle quarantuno registrate nel 1975.