14 dicembre 2024
di Marco Ponti
A Milano, interpretazioni a dir poco ardite della normativa hanno consentito di classificare come “ristrutturazioni di capannoni” la costruzione di condomini multipiano, con forte risparmio sugli oneri di urbanizzazione relativi, anche a causa della diffusa presenza di “intermediari” negli uffici comunali, che facilitavano tali pratiche.
Attualmente è in corso una sanatoria normativa conosciuta come “Salva Milano”. Questo disegno di legge (DDL) è stato approvato dalla Camera e prevede una nuova interpretazione della Legge Urbanistica del 1942. L’obiettivo è semplificare i progetti di rigenerazione urbana e risolvere i contenziosi legati al mancato rispetto di standard urbanistici, favorendo la ripresa dei cantieri bloccati.
Il DDL è ancora in attesa dell’approvazione definitiva del Senato. Se diventerà legge, avrà effetti significativi sugli interventi edilizi in tutta Italia, non solo a Milano. Un’operazione molto discutibile, che sa di sanatoria.
Tuttavia queste recenti vicende dell’edilizia milanese sono segnali di un problema sociale molto rilevante: i prezzi delle case nella “capitale (poco) morale d’Italia” sono stellari, e hanno continuato a salire anche quando altrove scendevano.
La rendita urbana è un fenomeno mondiale, e storicamente, secondo di epigoni del celebre economista neomarxista Piketty, è la maggior fonte delle diseguaglianze di reddito (cioè è più colpevole dello squilibrio tra salari e profitti delle imprese).
Ha inoltre effetti negativi specifici: espelle le categorie a più basso reddito dai centri urbani, rendendogli più difficile trovare lavoro e facendogli perdere il godimento di molti servizi che proprio i centri urbani offrono.
Ma non solo: accresce la pendolarità, consumando il tempo degli “espulsi” in viaggi inutili. E provocando congestione ed inquinamento, e maggior necessità di servizi pubblici di trasporto. Cioè genera costi privati, pubblici, e sociali.
Il caso dell’azienda di trasporti di Milano (ATM) è emblematico: costa così tanto vivere in città che non si trovano più conducenti, e l’azienda ha dovuto tagliare i servizi, con un grave danno per tutti gli utenti e l’ambiente (che poi non ci sia la volontà politica di fare gare vere per provare ad aumentare l’efficienza dell’azienda è un altro discorso, su cui occorre ritornare).
Che cosa genera la rendita urbana? Su questo nessun dubbio è possibile.
E’ lo squilibrio tra domanda e offerta: se non c’è abbastanza offerta di un bene, i prezzi salgono fino a un punto di equilibrio, escludendo i consumatori a più basso reddito. Di quel bene quindi se ne prodotturrà di meno.
Nel caso della rendita urbana, la riduzione dell’offerta avviene attraverso i vincoli urbanistici.
E qui si assiste ad un incredibile paradosso: la cultura urbanistica dominante (il “common wisdom”, come direbbero gli inglesi) è che i vincoli urbanistici siano contro la rendita urbana.
Costruire di più favorirebbe gli speculatori.
E c’è anche una variante molto diffusa: gli “speculatori” non agirebbero isolati, si metterebbero d’accordo tra loro per allentare i vincoli urbanistici, quindi per aumentare l’offerta.
Sarebbe un accordo palesemente suicida: aumentare l’offerta, a parità di domanda, diminuisce prezzi e rendite.
E l’esperienza milanese è che succede proprio l’opposto: i costruttori premono sugli enti pubblici, e arrivano a corromperli, per costruire di più, non certo di meno.
Una risposta ricorrente della cultura urbanistica è quella che occorre costruire più case popolari: sacrosanto, ma è una goccia nel mare. Le risorse pubbliche disponibili sono comunque insufficienti a modificare in modo sostanziale gli squilibri del mercato edilizio.
Il problema sociale del prezzo degli immobili deve passare per un sostanziale aumento del costruito (ad alta densità), nelle fasce periferiche e immediatamente esterne alle città, per abbassare i prezzi e così colpire la rendita e i micidiali effetti che questa ha sull’espulsione delle categorie più deboli e sull’economia in generale.
Né si può argomentare che esista (a Milano e altrove) molta edilizia invenduta: i “prezzi di attesa” che generano il fenomeno sono fortemente incentivati proprio dall’aspettativa che la rendita crescerà sempre.
E non si può nemmeno dimenticare che costruire legalmente, (e pagando i giusti oneri di urbanizzazione) crea occupazione e reddito, come dimostrerebbe qualsiasi analisi del tipo costi-benefici sociali (incluso quelli ambientali).
Un esempio celebre per concludere: la “green belt” londinese (un vasto anello verde che ha bloccato l’edificazione intorno alla città), ha costretto milioni di lavoratori londinesi a lunghi viaggi pendolari, con ogni mezzo di trasporto, e ha enormemente aumentato la rendita nell’area centrale, oggi tra le più care del mondo.
I proprietari e gli speculatori festeggiano ancora adesso.