Se l’inefficienza ambientale genera inefficienza economica

La riduzione di un costo esterno è uno degli elementi che concorrono alla quantificazione dei benefici di un investimento infrastrutturale o di una qualsiasi politica dei trasporti. Se rilevante, questo fattore può portare a una valutazione socio-economica positiva pur in presenza di un bilancio economico di segno opposto. È il caso, stando ai proponenti dell’opera, del Ponte sullo Stretto di Messina. Le ricadute positive in termini di riduzione di tempi e costi di trasporto, stimate pari a circa 9 miliardi non consentono di raggiungere il break-even con i costi di investimento e gestione dell’opera. Ulteriori 5 miliardi derivano dalla riduzione – stimata a nostro parere molto ottimisticamente – delle emissioni di CO2. In generale, un costo esterno è definito come il danno che un’attività arreca a soggetti terzi. Così è per il rumore, l’inquinamento atmosferico, l’incidentalità. Non però per la CO2.  Per questo inquinante la UE è, per così dire, andata a ritroso. Prima è stato definito un obiettivo: l’azzeramento delle emissioni al 2050 e successivamente sono stati stimati i costi da sostenere per raggiungerlo. È stata così definita una curva di costo che ha un andamento rapidamente crescente: dai 100€ per tonnellata di CO2 nel 2016 si passa a 800€ nel 2050. Tale valore risulta di gran lunga superiore alle stime attuali (e future) del reale costo esterno e altresì molto più elevato rispetto al costo delle modalità più efficienti di abbattimento che attualmente comportano, per la maggior parte delle emissioni mondiali, un onere dell’ordine di alcune decine di euro.

Sarebbe pertanto preferibile adottare anche per la CO2 l’approccio standard per la definizione di esternalità rivedendo eventualmente la monetizzazione del danno alla luce dell’acquisizione di nuove conoscenze scientifiche del problema. Inoltre, qualora il principio del “polluter pays” venisse esteso a tutti i modi di trasporto – oggi è sostanzialmente applicato per il settore stradale ma non per quello aereo e neppure per quello ferroviario – la componente ambientale diventerebbe irrilevante e l’analisi di fattibilità sarebbe limitata ai soli fattori economici.

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