Per il TPL: più sussidi o più gare?
È stato presentato pochi giorni fa il 21° Rapporto sulla mobilità a cura di ISFORT, la radiografia più completa sullo stato della mobilità delle persone in Italia.
A rileggere le presentazioni delle ultime edizioni appare evidente una condizione di sostanziale immutabilità del quadro complessivo.
2019: “Il tasso di mobilità sostenibile non fa progressi; la propensione al cambio modale si affievolisce; nuovi record per i tassi di motorizzazione”.
2020: “La battuta d’arresto della mobilità dolce; la forza attrattiva dell’auto; la marginalità del mezzo pubblico”
2021: “Il 2020 è stato l’anno della crisi profonda del trasporto pubblico, anche per effetto delle regole del distanziamento sociale e della paura del contagio”
2022: “I dati dell’ultimo anno e mezzo sembrano disegnare un ritorno alla “vecchia normalità” con alcuni tratti peggiorativi (crisi ancora profonda del trasporto pubblico, crescita dell’auto)”.
2023: “L’incontrastato dominio dell’automobile (Oltre la retorica della mobilità); il tasso di mobilità sostenibile al palo”.
Quest’anno gli autori del Rapporto scrivono che “occorre una scossa” e ripropongono una politica di investimento e rilancio del trasporto collettivo.
Ma i margini di intervento e, di conseguenza i potenziali effetti in termini di riduzione delle emissioni di CO2, sotto assai risicati come risulta evidente dal confronto con gli altri Paesi europei dove la quota di mobilità – superiore all’80% – soddisfatta dall’auto è del tutto analoga a quella del nostro Paese
D’altra parte, come evidenziano gli stessi dati ISFORT, il trasporto collettivo rappresenta una reale alternativa solo nelle aree urbane più grandi e con più elevato reddito medio. All’infuori di queste la quota modale è di pochi punti percentuali. Un dato di fatto, questo, che dovrebbe indurre qualche riflessione in merito agli effetti redistributivi delle attuali politiche.

Nei maggiori centri urbani lo spazio di intervento è più ampio ma, anche in questi casi, il potenziamento dei trasporti collettivi dovrebbe essere oggetto di un’attenta analisi economica considerato che:
- l’offerta attuale è in media fortemente sottoutilizzata (il coefficiente di occupazione è inferiore al 20%).
- l’impatto sulla qualità dell’aria sarebbe molto modesto a seguito della drastica riduzione delle emissioni veicolari.
- il beneficio maggiore per la collettività è costituito dalla riduzione della congestione, obiettivo che, però, si potrebbe conseguire in modo più efficiente con l’adozione o l’estensione dei sistemi di pedaggio urbano esistenti.
E non si dovrebbero trascurare lo scenario demografico che, ci ricorda ancora ISFORT, nei prossimi decenni porterà a una riduzione della mobilità nonché la potenziale diffusione di veicoli a guida autonoma che andrebbero a erodere ulteriormente il bacino di utenza dei mezzi pubblici.
Invece di pianificare un’avanzata che presenta numerose incognite sarebbe forse il caso di valutare una ordinata ritirata.