Aria inquinata: si fa troppo poco o troppo?
Scriveva Benjamin Franklin nel 1789 in una lettera indirizzata a un amico che nella vita non vi è nulla di sicuro tranne la morte e le tasse. Si parva licet componere magnis potremmo aggiungere tra le pochissime altre certezze il riapparire nei titoli di giornali e tg, da decenni ormani, della “emergenza smog”. L’ultima occasione è stata la pubblicazione qualche giorno fa del rapporto di Legambiente “Mal’aria”. Nel documento si legge che la situazione dell’inquinamento: “mostra poche luci e molte ombre sul nostro Paese. Si nota infatti una certa inerzia nel volere affrontare strutturalmente questo problema”. Affermazione quanto meno curiosa se si considera che da molti decenni la qualità dell’aria nelle nostre città è in netto miglioramento grazie a politiche non certo occasionali. L’argomento intorno al quale è imperniata l’analisi di Legambiente è il mancato integrale rispetto dei limiti previsti dall’attuale normativa e, ancor più, dei nuovi limiti che entreranno in vigore nel 2030.
In tale ottica si richiede per il settore dei trasporti di “potenziare con forza il trasporto pubblico che deve essere convertito con soli mezzi elettrici entro il 2030 e di “avviare uno stop progressivo ma anche incisivo ai veicoli più inquinanti nei centri urbani”.
Come quasi sempre accade quando ci si occupa di politiche ambientali, è assente qualsiasi riflessione relativa ai costi delle politiche da adottare. Si assume che il raggiungimento dello standard sia desiderabile in sé quali che siano gli oneri da sopportare per conseguirlo. Se così fosse, sarebbero da ritenere auspicabili politiche di restrizione della mobilità e delle altre attività economiche ancor più drastiche di quelle attuate nel corso della pandemia Covid-19 che, pur portando a una riduzione della mobilità dell’80%, non consentì di far scendere l’inquinamento al di sotto del livelli previsti dalla regolamentazione vigente e che ebbe, in particolare, un impatto molto modesto per quanto riguarda le polveri sottili alla cui concentrazione in atmosfera i trasporti contribuiscono per circa il 15%.
Si tratterebbe una misura che tutti (o quasi) giudicherebbero a buon senso sproporzionata. Ma la stessa conclusione è valida anche per provvedimenti più limitati di divieto di circolazione o di ulteriore incentivo dei mezzi pubblici poiché l’inquinamento dell’aria e le altre esternalità ambientali sono più che internalizzate e, dunque, una loro ulteriore riduzione nelle condizioni attuali porta a una riduzione del benessere collettivo, come risulterebbe evidente se tali politiche fossero sottoposte ad analisi costi-benefici.