Concorrenza: bene comune che non piace a nessuno
La legge sulla concorrenza, dopo esser stata rimandata per anni dai governi precedenti, è stata rinviata almeno per altri sei mesi anche da Draghi.
Non piace a nessuno la concorrenza. È una medicina amara. Il confronto competitivo costringe a diventare più produttivi e a innovare. Non piace alle imprese, né ai sindacati, né ai partiti. Essere a favore della concorrenza equivale a difendere gli interessi diffusi di tutti, consumatori e contribuenti, contrastando quelli concentrati di pochi. È molto più facile acquisire consenso politico agendo contro la concorrenza, difendendo gli interessi corporativi di piccoli gruppi e scaricando i costi su una platea il più ampia possibile. In questo modo il costo per i singoli è piccolo e viene meno l’interesse a contrastare la decisione.
Nel settore dei trasporti solo il vincolo esterno, ossia le direttive della comunità europea, ha consentito di aprire spazi alla concorrenza nel settore aereo, in quello della lunga percorrenza su gomma e nell’alta velocità, in tutti i casi con evidenti benefici per i consumatori (meno per i contribuenti nel caso del settore aereo vista l’ostinazione della politica a non voler prendere atto dell’esito della competizione e ad aver voluto tenere in vita il presunto campione nazionale).
Si continuano invece a tutelare i monopolisti pubblici nel tpl, per i servizi ferroviari regionali e per quelli di lunga percorrenza sussidiati; quasi tutte le regioni hanno stipulato contratti lunghissimi con l’incumbent, in modo da evitare il rischio che si affacciassero nuovi concorrenti. Se anche qui la competizione tra operatori potesse dispiegare i suoi effetti si potrebbe ridurre significativamente l’onere a carico dei contribuenti oppure accrescere l’offerta.
Quest’anno ricorre un quarto di secolo dall’approvazione del “Decreto Burlando” che per la prima volta prevedeva l’introduzione di gare per l’assegnazione dei servizi. Venticinque anni trascorsi invano tra rinvii e gare finte. Difficile prevedere mutamenti dirotta in futuro se non verrà risolto il nodo del conflitto di interessi tra ente locale concedente e proprietario.
In quale altro ambito la pubblica amministrazione acquista beni o servizi tramite appalti a cui possono partecipare anche le società controllate?
A ben guardare, quello che servirebbe non è niente altro che una normalizzazione del settore adottando le stesse regole che valgono altrove. Una normalità che però oggi pare quasi rivoluzionaria.