11 aprile 2022
di Giorgio Ragazzi
La relazione delle Ferrovie dello Stato per l’anno 2021, pubblicata in forma sintetica, indica un miglioramento nel risultato netto consolidato, da una perdita di 562 milioni nel 2020 ad un utile di 193 nel 2021. Che ci sia stato un miglioramento dovuto alla ripresa del traffico è facilmente intuibile, ma sarebbe illusorio pensare che l’utile indicato a bilancio sia una buona misura del surplus creato dall’azienda.
Il bilancio delle Ferrovie è una costruzione contabile artificiosa, poco utile per valutare l’andamento gestionale dell’azienda, per almeno due principali motivi. Uno è che consolida anche il bilancio dell’ANAS, società che non ha ricavi di mercato ma definisce ricavi i trasferimenti ricevuti dallo Stato: un bilancio davvero anomalo. Il secondo motivo è che la maggior parte delle entrate delle Ferrovie è costituita da trasferimenti dallo Stato e dalle Regioni, e quindi l’andamento del risultato dipende in larghissima parte dall’aumento o diminuzione dei trasferimenti pubblici.
La relazione sintetica attesta che nel 2021 le FS hanno avuto ricavi operativi consolidati di 12,15 miliardi di euro, ma la società non ha certo piacere di svelare al pubblico quanti di questi “ricavi operativi” derivino da introiti di mercato e quanti da trasferimenti o contributi pubblici. Viene solo detto, en passant, che il gruppo ha ricevuto 958 milioni di contributi statali come “ristori” per gli effetti della pandemia: è grazie a questi che viene contabilizzato un utile di 193 milioni invece di una perdita di 756.
Per trovare informazioni sulla natura dei “ricavi operativi” delle FS occorre considerare l’ultima relazione completa disponibile, quella del 2020, ed arrivare sino alle pagine 360 (su una relazioni di 540 pagine): una chiara indicazione che la società non ama molto la trasparenza, e scoraggia i curiosi che si vogliano sobbarcare l’arduo compito di ricercare i dati più significativi.
Nella relazione del 2020 si legge che su un totale di 10.482 milioni di “ricavi operativi” i ricavi di mercato per servizi di trasporto erano 2.389 milioni (1.626 da viaggiatori, 763 da merci), meno di un quarto del totale. Per i servizi di trasporto le FS avevano poi ricevuto anche 2.655 milioni di ricavi da contratti di servizio, ben più dei ricavi di mercato. Se si escludono i ricavi di mercato conseguiti all’estero, circa un quarto del totale, si desume che in Italia il sussidio pubblico è ammonta mediamente a circa una volta e mezzo il costo del biglietto pagato dal viaggiatore. Difficile immaginare come possa giustificarsi un contributo così elevato.
I “ricavi operativi” delle FS includono poi, oltre a quelli per servizi di trasporto, 2.522 milioni di “ricavi da servizi di infrastruttura” (principalmente trasferimenti statali e altri introiti dell’ANAS, oltre ai ricavi della RFI per l’uso della rete) ed altri 2.164 milioni per contributi vari (inclusi 1.105 milioni per “ristoro” dalla pandemia). Si arriva così, con altri voci minori, al totale di 10.482 milioni (dato 2020) che le FS chiama “ricavi operativi”.
Nella relazione sintetica appena pubblicata le FS sottolineano con orgoglio di essere il primo gruppo per volume di investimenti in Italia, con quasi 10 miliardi investiti, in forte aumento rispetto ai 6,7 investiti nel 2020. Stupisce però leggere che, a fronte di 10 miliardi di investimenti, il valore degli immobilizzi netti a bilancio sia aumentato di appena mezzo miliardo. Il mistero è però svelato: le FS contabilizzano gli investimenti al netto dei contributi pubblici ricevuti in conto capitale (7.654 milioni nel 2021). In altre parole, questi contributi pubblici finiscono in un “buco nero”, non solo non verranno mai né remunerati né ammortizzati, ma se ne perde proprio traccia anno dopo anno. Per trasparenza e memoria si sarebbe potuto iscrivere all’attivo l’intero importo degli investimenti fatti, ed al passivo una posta indicativa dei contributi pubblici ricevuti. Ma col passare degli anni questo avrebbe evidenziato l’enorme accumularsi di contributi pubblici a fondo perduto rischiando di sollevare qualche dubbio sulla nostra politica dei trasporti, che investe pochissimo e tassa moltissimo il trasporto su gomma mentre investe tantissimo e sussidia tantissimo il trasporto su rotaia. Anche se il fatturato delle FS rappresenta appena il 5% del totale dei trasporti terrestri.
Se ai vari sussidi, contributi e ristori per la gestione corrente si aggiungono i 7,6 miliardi di contributi a fondo perduto per gli investimenti si conclude che le FS, nel 2021, hanno gravato sulle finanze pubbliche per oltre 10 miliardi, cinque volte i loro ricavi di mercato. Rfi, la società delle Ferrovie dello Stato che costruisce e gestisce le linee, ha progetti d’investimenti per circa 80 miliardi di euro, secondo l’ultimo contratto di programma. Nel Pnrr sono previsti investimenti nelle ferrovie per 26,7 miliardi, più altri 40 miliardi con fondi nazionali. Per la sola linea ad alta velocità Salerno Raggio si prevede di investire circa 30 miliardi, col vantaggio di risparmiare un’ora di tempo. Vengono avviati investimenti senza adeguate analisi costi-benefici, a volte senza nemmeno previsioni di traffico. Tutto questo andrà a gonfiare il nostro debito pubblico: siamo sicuri che il nostro Presidente classificherebbe questi “debiti buoni”?