8 luglio 2020

di Francesco Ramella

Il decreto semplificazioni approvato “salvo intese” la scorsa notte dal Consiglio dei ministri prevede che siano “sbloccate” trenta opere infrastrutturali da affidare a commissari dotati di poteri eccezionali, mettendo così tra parentesi la concorrenza come già si è provato a fare senza successo con le concessioni balneari. Si tratta, ancora una volta, di una shopping list, una lista della spesa la cui desiderabilità appare tutt’altro che fuori discussione.
Il presupposto che vede l’attuale esecutivo allinearsi a tutti quelli che lo hanno preceduto sembra essere quello che le infrastrutture sono il “volano della crescita” e che quindi ogni euro investito in nuove opere sia di per sé auspicabile. Il consenso è unanime, da destra a sinistra, passando per il centro. Ma i dati a nostra disposizione sono di segno diverso. Prendiamo in esame, ad esempio, le tratte dell’alta velocità completate nello scorso decennio con un investimento che sfiora i 40 miliardi. Chi potrebbe sostenere che quella spesa abbia modificato in misura apprezzabile le prospettive di crescita dell’Italia nel suo complesso? E, se guardiamo più in dettaglio, scopriamo che vi è una Provincia come quella di Napoli, collegata alla rete AV, che ha visto il reddito pro-capite diminuire tra il 2008 e il 2016 del 3,2% mentre quella di Bolzano (250 km dalla più vicina stazione AV) ha fatto un balzo in avanti del 19,2%. Volendo poi guardare al passato, uno studio di E. Ciani, G. de Blasio (Banca d’Italia) e S. Poy ha mostrato come la realizzazione della autostrada Salerno – Reggio Calabria negli anni ’60 non abbia avuto alcun effetto significativo sulla crescita della Regione. Non vi è ragione per attendersi un risultato diverso investendo 5 miliardi per le ferrovie in Sicilia. Più infrastrutture non sono dunque sufficienti per crescere ma neppure sono necessarie. L’Irlanda, isolata come la Sicilia e con una popolazione pressoché identica, dotata di una modestissima rete ferroviaria, con soli 53 km di linee elettrificate (il 99% dei viaggi si effettua su strada), ha un PIL pro-capite pari a 60.000 € pari a 3,4 volte quello siculo.
E se la crescita non ci sarà, rimarranno solo più tasse per coprire le spese sostenute: poche decine di migliaia di privilegiati viaggeranno più velocemente e comodamente a spese di tutti i contribuenti.

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