26 marzo 2024

di Marco Ponti

Le guerre in corso tra Ucraina e Russia, e tra Israele e palestinesi hanno delle origini in qualche misura simili. Vi sono stati antichi e gravissimi “peccati originali”, che sarebbe utile collocare in una prospettiva storica, senza pretese di ricondurli semplicisticamente al quadro attuale, ma con questo non ignorabili.

L’Ucraina come nazione democratica e unitaria ha avuto purtroppo vita brevissima. I suoi confini sono stati delimitati da Stalin quando avevano scarsissimi significati pratici. L’impero sovietico era fortemente centralizzato, le autonomie locali erano sostanzialmente ridotte a folklore, e ovviamente i partiti non esistevano. La terribile carestia provocata dalla politica agricola staliniana fu grottescamente “compensata” con l’assegnazione della Crimea, a larga maggioranza russofona.

Nella seconda guerra mondiale le tensioni tra filosovietici e ucraini memori del passato staliniano, esplosero con una adesione al regime nazista di parte della popolazione (alternative non ne esistevano).

Geograficamente, i russofoni erano insediati nell’est del paese, come è ovvio, in contiguità di confini che per trent’anni non erano stati in realtà tali.

Con il crollo dell’URSS quei confini, che avevano debolissime radici storiche, rimasero e improvvisamente diventavano molto reali. Inoltre la nazione per la prima volta fu chiamata a fare elezioni democratiche, senza avere alcuna esperienza di democrazia, ma solo di opposti e feroci nazionalismi.

Ma democrazia, noi lo sappiamo bene, significa anche tutela delle minoranze. Elezioni che determinavano maggioranze non erano percepite come rassicuranti dalla parte perdente. E rassicuranti non lo furono di certo, tanto che le ultime elezioni davvero universali, e riconosciute come libere anche dalla corte suprema ucraina e dagli osservatori internazionali, determinarono, all’inizio degli anni 2000, una lieve maggioranza per i filo-occidentali (55% contro il 45%).  Un paese diviso in due che non sapeva come gestire una democrazia.

La Russia non accettò il risultato, e le province russofone non parteciparono più alle elezioni successive, che dunque persero ogni valenza democratica. Una decisione fatale: una ribellione di una minoranza con un appoggio esterno.

La storia poi purtroppo è nota: il trattato di Minsk sull’autonomia dei russofoni non ebbe seguito in quanto i vincitori delle elezioni si sentivano legittimati a non osservarli, e iniziò di fatto una secessione, poi una guerra civile per reprimerla, e l’invasione russa. Il resto e cronaca.

Anche nel caso israeliano ci furono errori e decisioni fatali iniziali. L’errore (ma giudicabile tale solo ex-post) fu di creare dopo l’olocausto uno stato che certo non nacque confessionale, era anzi laico, democratico e socialista, ma gradatamente lo diventò.

Anche perché era percepito come la patria storica per gli ebrei, e aveva già visto importanti immigrazioni fino dagli anni ’30 di ebrei dall’Europa centro-orientale.

La creazione di uno Stato ebraico fu facilitata dai sensi di colpa delle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale, che avevano fatto troppo poco a fronte al massacro dell’Olocausto, sottovalutando le notizie che pur avevano.

Inoltre gli ebrei che si insediavano dopo la guerra erano all’inizio poco numerosi rispetto ai palestinesi che si trovavano in quell’area, ed erano male armati e poche risorse, sostanzialmente dei profughi.

E anche in quel caso, con forti similitudini al caso ucraino, i paesi arabi circostanti non accettarono la delibera delle Nazioni Unite sul nuovo Stato, ed indussero i palestinesi a non accettarla, e a respingerla anche successivamente.  Non solo: i paesi arabi incoraggiarono l’esodo dei palestinesi da molte loro terre, promettendogli una guerra vittoriosa, e un ritorno trionfale.

Una scelta fatale di ricorso alla forza, con conseguenze tragiche. Israele si rafforzò militarmente, vinse tutte le guerre e le rivolte dei palestinesi, e l’economia crebbe rapidamente anche con il supporto occidentale, e con l’immissione di risorse dagli ebrei della diaspora.

E molte occupazioni di terre palestinesi furono fatte in modo legale, grazie a quelle risorse, anche perché i latifondisti arabi che spesso risiedevano all’estero e ne erano i proprietari, vendettero senza obiezioni (della sorte dei braccianti che le coltivavano non se ne preoccuparono certo).

Il resto è cronaca.

Israele e Ucraina: due stati indipendenti recenti, creati sostanzialmente “a tavolino”, senza basi democratiche storicamente consolidate, che sappiamo sono lunghe e difficili da costruire, e anche solo mantenere. E con vicini non democratici e bellicosi.

Questa è stata la fonte comune di infiniti lutti per tutti, soprattutto per chi nella democrazia crede.

Forse per uscirne bisogna credere a qualche utopia coraggiosa, per esempio sul modello della riconciliazione nazionale dopo l’Apartheid  del Sudafrica di Mandela: un riconoscimento reciproco dei torti fatti e subiti, appoggiato da organizzazioni internazionali, ma che rinunci a condanne di qualsiasi tipo, cioè sia accettabile da tutte le parti in causa.

Questo come base per trattative concrete per porre fine a queste due orrende tragedie.