23 dicembre 2021
di Marco Ponti
Le frecce rosse di Trenitalia arriveranno fino a Parigi da Milano, passando per il Frejus e mettendoci circa sette ore. Per ora sono previste due coppie di treni, che potranno divenire in futuro cinque coppie, in funzione della domanda. La tariffa minima è di 29€, quella media ancora non è nota.
E’ un’ottima notizia: la concorrenza finalmente incomincia ad aprirsi in Europa anche per i passeggeri, e l’Italia fa da pioniere nell’AV, anche grazie all’esperienza fatta con la competizione con Italo (cosa che ha ridotto le tariffe e aumentato i servizi per tutti gli utenti).
Certo i passi da fare per avere condizioni paritetiche sono ancora molti: difficile per soggetti “terzi” competere con chi politicamente non può fallire perché è interamente pubblico, ed è, a casa propria “verticalmente e orizzontalmente integrato” (cioè possiede anche i binari, è monopolista per i servizi locali e per i treni di lunga distanza non AV, e possiede anche la maggiore società per i servizi merci). Cioè costituisce un’”impresa dominante”, posizione però non conquistata sul mercato, ma solo per scelte pubbliche e con risorse pubbliche, 470 miliardi in 30 anni, il 20% del debito pubblico del periodo).
Ma queste condizioni valgono anche per le ferrovie francesi, ed è positivo che Trenitalia sia partita per prima. Speriamo che ci facciano presto concorrenza: gli utenti e le casse pubbliche non avrebbero che da guadagnarci, e che le condizioni di “dominanza” descritte sopra si attenuino da entrambe le parti, in modo da mettere in gioco anche altri (con due soli attori, i rischi di collusione sono elevati).
Con viaggi di una durata di sette ore tuttavia l’utenza rimarrà probabilmente solo per chi non ama i viaggi aerei: tutto compreso, un viaggio Milano centro-Parigi centro richiede la metà del tempo, e le tariffe medie di compagnie low-cost saranno dello stesso ordine di quelle ferroviarie. Ma gli aerei inquinano moltissimo, e, al contrario della strada, non pagano per i danni che generano, per cui c’è da sperare che siano tassati, alzando di conseguenza le tariffe. Non è certo però che questo avvenga, perché le compagnie aeree promettono per il futuro mirabolanti riduzioni di emissioni con bio-carburanti, e azioni di compensazione nel settore forestale, tali da azzerare le emissioni nette nel 2050, seguendo gli obiettivi europei. Ma sono dichiarazioni di parte, da prendere con molta cautela.
Veniamo ora al nuovo tunnel del Frejus (unico nome tecnicamente corretto), noto come TAV. Alle casse pubbliche italiane costerà circa 4 MD€, e altri 7 circa tra Francia e fondi europei. E’ principalmente dedicato alle merci (gli 8 treni AV passeggeri previsti ne occupano un ventesimo della capacità). Il traffico complessivo previsto è molto limitato, tanto che l’analisi costi-benefici condotta nel 2019 ha dato risultati talmente negativi, che non sono stati nemmeno considerate le emissioni delle fasi di cantiere, circa 2,3 milioni di tonnellate di CO2. A tecnologie date, se il nuovo tunnel assorbisse il 50% del traffico merci stradale attuale, andrebbe in pareggio in termini di emissioni in 10 anni (se fosse solo il 10%, in 50 anni). Ma l’incognita maggiore riguarda l’abbattimento già in corso delle emissioni del modo stradale. Qui i piani europei di elettrificazione sono più credibili (le tecnologie sono già esistenti): azzerando le emissioni stradali entro il 2050, come previsto, gran parte dei benefici ambientali sparirebbero. Ma si ridurrebbero anche le tasse sul modo stradale, non più giustificate per l’ambiente, togliendo prospettive di traffico al tunnel (l’autostrada parallela è sottoutilizzata).
Per il traffico passeggeri vi sarebbe un risparmio di tempo di circa un’ora: la durata del viaggio passerebbe da 7 a 6 ore. Rispetto all’aereo, rimarrebbe comunque un’utenza marginale.
Purtroppo il fascino delle grandi opere di dubbia o nessuna utilità reale, è difficile da combattere. Quelle ferroviarie poi accontentano tutti: costruttori (anche perché il settore è poco aperto alla concorrenza), politici locali e centrali, e in questo caso anche gli utenti, visto che paga tutto lo Stato (e i contribuenti non sanno e non protestano).
Le argomentazioni ambientali in favore del modo ferroviario a volte sono reali, a volte no, ma costituiscono sempre uno strumento per mettere a posto le coscienze, anche quando i risultati complessivi per la collettività sono negativi, o catastrofici. Per esempio, ogni tonnellata di CO2 netta risparmiata dal tunnel (assumendo molto ottimisticamente 11MD€ di costo, 7 ML di tonnellate di CO2 risparmiate in trent’anni di esercizio, e 2,3 ML di tonnellate di emissioni in fase di cantiere), sarà costata circa 2.340 € a tonnellata, cioè circa tre volte di più di quanto previsto come massimo dalle nuove, severissime, linee guida europee per la valutazione dei progetti, e quasi 50 volte quanto costa abbattere la CO2 in altri settori.