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17 gennaio 2023

di Francesco Ramella

Su Twitter è esplosa la felicità di Marco Mazzei, il consigliere comunale di Milano promotore dell’ordine del giorno approvato la scorsa settimana sulla “città 30”. Talmente ilare da partire subito in quarta con una furbizia in maiuscolo scrivendo che il provvedimento si estenderà a TUTTA la città. Non sarà così. Le città che hanno già adottato un provvedimento simile hanno mantenuto il limite di 50 km/h o più elevato sulle direttrici principali che rappresentano una quota minoritaria in termini di estensione della rete ma che soddisfano una più elevata percentuale delle percorrenze.

Non è peraltro la sola gaffe del ciclista provetto. L’altra, più grave, è quella contenuta nello stesso ordine del giorno nel quale si dà mandato all’AMAT di redigere un dossier che: “contenga tutti gli elementi tecnici utili a comprendere quanto il limite dei 30 km/h in una città sia una grande opportunità per tutti”.

Il nostro è talmente sicuro di sé da sostenere che “argomenti contro i 30 km/h in città non ce ne possono essere”. Viene in mente l’assessore Palmiro Cangini di Zelig: “Con questo cosa voglio dire? Non lo so, però ci ho ragione e i fatti mi cosano”.

La realtà è diversa: come accade per ogni decisione regolatoria, se adottato, il provvedimento comporterà sia costi che benefici.

Scrive sul Post un altro sostenitore della città a 30, l’architetto Matteo Dondé, che: “i progetti di città 30 che sono già stati avviati in molte città europee – tra cui Berlino, Barcellona, Edimburgo, Bruxelles, Parigi e altre ancora – hanno già dimostrato che istituire una città 30 non comporta un allungamento dei tempi di percorrenza per gli automobilisti: anzi, in tutti questi posti si è avuto un sostanziale decongestionamento del traffico.”

Non è vero: a Bruxelles, ad esempio, la riduzione del limite ha comportato una riduzione della velocità media delle auto pari al 9%. E sappiamo che, nel caso di Milano, “un’estensione generalizzata delle Zone 30 comporterebbe un costo degli utenti, dovuto ai maggiori tempi di viaggio per le auto di circa 38 milioni all’anno”. Chi lo dice? Il Piano Urbano della mobilità della città che si suppone un consigliere comunale che si occupa della materia dovrebbe conoscere. Si tratta, come si legge nello stesso documento, di una valutazione parziale che non comprende gli effetti non quantificati che riguardano la sicurezza, la fruibilità e la qualità urbana.

Ora, non c’è dubbio che ridurre i limiti di velocità comporti una forte riduzione della gravità degli incidenti, in particolare di quelli che coinvolgono i pedoni: nel caso di una persona investita da un’auto che procede a 50 km/h la probabilità di morte è superiore all’80%. A 30 km/h il rischio di perdere la vita è inferiore al 20%.

Il beneficio relativo all’evento singolo è dunque indubitabile. A livello complessivo vi sono altri fattori che vanno in direzione opposta. La consapevolezza di una maggior sicurezza può indurre alcuni pedoni o ciclisti a essere meno attenti così come si è verificato in passato per le auto: quando si introducono dispositivi di sicurezza come le cinture o l’airbag il comportamento dei conducenti si fa un po’ meno prudente. L’esperienza di Parigi sembra fornire alcune evidenze aneddotiche in tale direzione.

Nel caso di Milano si può aggiungere che, da almeno tre decenni, si registra una forte tendenza al miglioramento della sicurezza stradale dovuta sia ai progressi tecnologici delle auto sia alle politiche adottate a livello locale: da oltre cento vittime registrate agli inizi degli anni ’90 si è passati a meno di quaranta degli ultimi anni (valore influenzato per il 2020 e il 2021 dalla minore mobilità a causa delle restrizioni per il Covid).

Tale risultato è stato ottenuto nonostante sia ancora molto diffuso il mancato rispetto delle regole esistenti sia da parte degli automobilisti sia da parte degli utenti deboli (che ne subiscono le conseguenze più gravi).

A ciò si aggiunga che in futuro si avrà una sempre maggior diffusione di dispositivi installati sulle auto che consentono di supplire alla disattenzione del conducente: in particolare, dal 2022, è obbligatoria l’installazione sui veicoli della frenata automatica di emergenza.

Si può dunque presupporre che più controlli e repressione dei comportamenti non conformi al codice della strada e l’innovazione tecnologica possano portare nei prossimi anni a un’ulteriore significativa riduzione della incidentalità anche in assenza di modifiche delle regole attuali.

Una revisione in senso più restrittivo dovrebbe essere preceduta da un’attenta valutazione di vantaggi e svantaggi. Senza dimenticare, come accade troppo spesso quando si parla di qualità della vita, che imporre restrizioni all’uso dell’auto peggiora quella di coloro che la utilizzano.