27 ottobre 2023
di Marco Ponti
Tra le autorità preposte alla regolazione delle attività economiche non esposte alla concorrenza (per essere dei “monopoli naturali”, quali le infrastrutture o decisi politicamente, come sono molti servizi), quella che si occupa dei trasporti (Autorità per la Regolazione dei Trasporti, ART) ha un ruolo particolarmente complesso, data la molteplicità dei mercati e delle situazioni in cui si trova ad operare.
Il presidente, Nicola Zaccheo, ha presentato la relazione annuale sull’attività svolta per la prima volta in assenza del ministro dei trasporti, Salvini, che dovrebbe essere il maggior interessato all’evento, ma che ha raramente manifestato impegno su questo tema.
La relazione presenta un quadro di interventi molto significativi, in particolare si segnalano quelli sulle tariffe autostradali (che ha ridotto drasticamente l’assurdo livello dei profitti dei concessionari, anche se l’iter in realtà è ancora lungo).
Ma ART è intervenuta anche sulle regole per le gare nei trasporti pubblici locali, per garantire l’accesso non discriminante alle infrastrutture, per la tutela dell’utenza, per la qualità dei servizi, ed in generale per l’armonizzazione delle “regole del gioco”.
Il presidente si è lamentato vivacemente che il ministro Salvini abbia sottratto ad ART il settore dell’autotrasporto, e la questione è controversa a motivo che questo settore, al contrario di altri, è già in buona misura “regolato” da una vivace concorrenza.
Nicola Zaccheo auspica che il parlamento ci ripensi, anche perché il provvedimento ridurrebbe i ricavi di ART, autorità di regolazione non particolarmente onerosa.
Tuttavia sembra mancare nella relazione una componente importante per l’attività dell’Autorità, componente che dovrebbe essere presente, se non centrale, in ogni attività regolatoria.
Si tratta dell’analisi e della valutazione del funzionamento dei mercati rilevanti, dalle quali la sfera politica possa trarre indicazioni sul “che fare” per intervenire a monte, sul quadro normativo del settore.
L’argomento che ART si deve occupare solo di far funzionare al meglio la normativa esistente non sembra reggere: ART conosce (o dovrebbe conoscere) molto meglio del ministero se i mercati funzionano o meno, e le tecniche possibili per intervenire (che sono molteplici).
Non si può dimenticare che l’attività regolatoria nasce anche per ovviare alle cosiddette “asimmetrie informative”, cioè al fatto che le imprese non hanno certo motivazioni ad esplicitare spontaneamente situazioni di monopolio o oligopolio, che spesso sono difficili da individuare, e di cui spesso è ancora più difficile individuare la gravità e i danni che possono derivare all’utenza.
Certo ART non dovrebbe né potrebbe decidere sulle regole (sulla governance) del settore, ma è altrettanto certo che potrebbe e dovrebbe esprimere analisi e raccomandazioni motivate sui problemi di propria competenza, in particolare sui livelli di concorrenza e sulle loro conseguenze.
Oggi per esempio è sul tavolo l’ipotesi di quotare in borsa una quota di minoranza di FSI.
Ora, ricevendo a vario titolo FSI la maggioranza delle risorse da trasferimenti pubblici e da situazioni di monopolio, naturale o legale, è evidente che i privati che acquistassero quote chiederebbero adeguate garanzie di redditività, cioè di mantenere gli attuali livelli di sussidi e di monopolio.
Questo trasformerebbe di fatto la redditività degli investimenti privati in rendite garantite da risorse pubbliche.
I servizi merci e AV vedono già l’esistenza di mercati parzialmente concorrenziali, per l’AV con rilevanti benefici per gli utenti, e ciò è probabilmente vero anche per le merci.
Alienare questi due segmenti dei servizi di FSI renderebbe questi mercati più efficienti, eliminando la presenza di un concorrente integrato verticalmente con l’infrastruttura, che di fatto non può fallire in quanto pubblico, e che perciò ha anche un costo del denaro inferiore (“golden credit”). Un quadro competitivo non certo equilibrato, e fautore di comportamenti collusivi.
Chi meglio di ART sarebbe in grado di analizzare le prospettive dell’alternative di quotazione in borsa piuttosto che l’alienazione di alcuni servizi, per i quali esistono già mercati, e che non presentano particolari aspetti sociali (l’AV si rivolge ad utenti prevalentemente di reddito medio-alto)?
E quali sono gli ostacoli per tutto il resto, in particolare per i treni locali e ordinari di lunga percorrenza, per i quali non è in atto nessuna azione mirata ad aumentarne la competitività, cosa che ha avuto successo per esempio in Germania?
La competizione nell’affidamento dei trasporti pubblici locali non funziona affatto: perché? Quali sono gli ostacoli più rilevanti? Che benefici se ne potrebbero trarre se fosse fatta funzionare?
Questa estate si è avuto un vivace dibattito sui limiti ai rialzi delle tariffe aeree nei periodi di punta: quale è la posizione tecnica di ART? Quali sono le raccomandazioni possibili? E anche sul servizio taxi, quali raccomandazioni? E su ipotesi di privatizzazione di alcuni servizi? In proposito, mesi fa è emersa sui media anche una ipotesi di privatizzazione dei porti. Quali costi e quali benefici ne potrebbero derivare?
Di esempi di questo tipo se ne potrebbero fare davvero molti.
L’assunzione che, non potendo intervenire, non debba nemmeno fare analisi e dedurne opinioni tecniche potrebbe suonare come una esitazione nel “disturbare il manovratore” (politico) da cui dipende.
Ma in questo modo non lo aiuta abbastanza a difendere l’interesse pubblico che certo rientra nei suoi compiti statutari.
Ce ne sarebbe molto bisogno, e ART ha tutte le competenze tecniche per farlo con molta più determinazione di quanto fatto finora, e, per definizione, farlo anche con indipendenza.