16 novembre 2020

di Marco Ponti

Il FQ ha pubblicato due articoli molto critici sull’utilità e l’urgenza di due grandi opere ferroviarie, una al sud (la Napoli-Bari) e una al nord (la Fortezza-Verona), che in tutto costeranno ai contribuenti non meno di sedici miliardi. Come sempre capita in questi casi, nessuno ha fiatato portando contro-argomentazioni di sorta. Qualsiasi investimento va bene, di questi tempi. Poi pagherà l’Europa, no?

I turbokeynesiani “de noantri” plaudono. Ma non hanno di che: queste opere sono ad altissima intensità di capitale, occupano poca gente (forse di più in Cina: le talpe per scavare i tunnel sono spesso fatte lì). Effetti anticiclici, dati i tempi di costruzione, zero.

Il tutto è poi condito con una turboballa: “i soldi ci sono”. Quanti? Si fa a chi le spara più grosse, si varia dai 130 a 300 miliardi. Ovviamente sono solo importi approvati dal CIPE, che approva tutto. Approvati tra l’altro quando le prospettive di crescita del traffico erano ben più favorevoli che ora.

Adesso però è arrivato il terzo annuncio-bomba: si fa una linea nuova tra Roma, e, pensate, Pescara (con tutto il rispetto, vero…). Secondo il documento “Italia Veloce” del Ministero è una linea AV, e i costi (a preventivo), vicino ai 7 miliardi, confermano. E’ previsto un servizio fantastico, un treno ogni mezz’ora! (48 treni/giorno cioè meno di quanti potrebbero transitare su una linea a semplice binario). La tratta sottrarrà anche traffico alla futura Napoli-Bari, probabilmente già poco affollata, ma non importa.

Poi le ferrovie sono utili all’ambiente, no? No! Con questi livelli di traffico, lo danneggiano. L’ordine di grandezza del traffico per mandare in pari una linea nuova dal punto di vista delle emissioni di CO2 “di cantiere”, cioè perché queste emissioni siano compensate dai risparmi per il traffico che sottrae a altri modi di trasporto più inquinanti, è dell’ordine di 60 treni pieni al giorno. Ma solo se una buona parte del traffico è sottratta all’aero, se no ce ne vogliono di più.

Non parliamo poi delle famigerate e inutili analisi costi-benefici: con questi numeri, sarebbe un massacro (ma tanto non si fanno più). Rimangono gli aspetti finanziari: cioè quanto pagherebbero i non numerosi utenti per l’investimento, tema rovente adesso per la questione Autostrade, dove gli utenti rischiano di pagare molto caro, per far tornare i conti della vendita per i Benetton.

Nessuna paura, qui gli utenti posson star tranquilli: pagano tutto i contribuenti (anche perché altrimenti il traffico da modesto diventerebbe nullo).

Per concludere: con le opere ferroviarie il temuto l’”assalto alla diligenza” ai soldi del Recovery fund è già partito alla grande addirittura prima che arrivi la diligenza.

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