28 gennaio 2025

di Francesco Ramella

“Il sindaco e la banda con le bandiere in mano ci dissero la ferrovia è riaperta”. Venditti, ancor più del Celentano con il suo treno che all’incontrario va risuonato nella stazione di Manta, sarebbe stato il cantautore più adatto per celebrare la riapertura della linea ferroviaria Cuneo – Saluzzo. Lo scorso sabato il clima era di grande festa e l’assessore Marco Gabusi non ha saputo trattenere l’entusiasmo. Intervistato dal TG3 regionale ha dichiarato che “la linea tocca 180mila utenti potenziali ed è strategica non solo per la Provincia di Cuneo ma anche per il Piemonte”. Non proprio un esempio di understatement piemontese, anzi, il contrario del bobbiano “Esageruma nen”. Ma, forse, i toni sopra le righe erano inevitabili per difendere una scelta che, a giudicarla sulla base dei numeri veri, appare a chi scrive indifendibile. Partiamo dai passeggeri: quando venne chiusa nel 2012, sulla linea venivano effettuati nei giorni feriali ottocento viaggi ossia la utilizzavano poco più di quattrocento persone considerato che quasi tutti fanno un’andata e un ritorno; un abitante su millecinquecento della Provincia di Cuneo e un piemontese su diecimila. L’obiettivo fissato da Arena, probabilmente con qualche ottimismo imprenditoriale, è di arrivare a mille passeggeri. Una insignificante goccia nel mare della mobilità regionale. Ma c’è di più. Per gestire il servizio Trenitalia riceveva un contributo annuo pari a 2,1 milioni che, ricalcolato per tener conto della inflazione, equivale a 2,6 milioni attuali. L’affidamento a un privato sarebbe ottima cosa se questo fosse più efficiente e consentisse di risparmiare ma non è questo il caso. Ad Arenaways è stata riconosciuta per dieci anni una sovvenzione annuale pari a 4,5 milioni, il 73% in più di quanto la Regione dava al monopolista pubblico. Ai 45 milioni di sussidi per i treni si aggiungono poi altri 47 milioni per la risistemazione della linea da ammortizzare in una trentina di anni. Il costo annuo complessivo è intorno ai 6 milioni che, divisi per trecentomila viaggi, equivalgono a un sussidio per viaggio pari a 20€, un’enormità (che dovrebbe essere stampigliata su ciascun biglietto). Un pendolare che viaggi duecentocinquanta giorni all’anno comporta un onere per i contribuenti pari a 10mila €. Davvero si può ritenere che siano soldi ben spesi? O non è forse la solita privatizzazione degli utili e socializzazione delle perdite?