20 giugno 2022

di Francesco Ramella

All you can travel”. Si potrebbe ribattezzare così la nuova formula promossa dal Governo tedesco per i trasporti collettivi. Dallo scorso primo giugno e per tutto il periodo estivo è possibile acquistare un abbonamento mensile al prezzo di nove euro che consente di utilizzare senza limiti tutti i trasporti pubblici e i treni regionali all’interno del Paese.

La misura è stata fortemente voluta dai Verdi per riequilibrare la temporanea riduzione delle accise sui carburanti appoggiata soprattutto dai Liberali. Le due misure vanno a intervenire su un assetto di partenza caratterizzato da un profondo divario tra il settore stradale e quello ferroviario. Il primo è soggetto a un prelievo fiscale molto elevato: nel 2020 sono entrati nelle casse dell’erario tedesco 100 miliardi a fronte di una spesa pubblica per investimenti e manutenzione della rete stradale che nell’ultimo decennio ha oscillato tra gli 11 e i 16 miliardi. Il secondo riceve contributi pubblici intorno ai 15 miliardi per anno. Gli automobilisti pagano, dunque, un po’ meno tasse mentre gli utenti del trasporto su ferro vedono ulteriormente accresciuti i trasferimenti a loro favore.

L’offerta a prezzi stracciati dei servizi di trasporto collettivo, oltre che volta a contrastare gli effetti dei rincari energetici, viene presentata come una misura che consentirà di ridurre le emissioni di gas serra. Sappiamo però da numerose esperienze del passato che il ridurre il prezzo di autobus e treni è una politica inefficace per indurre un numero rilevante di persone a cambiare il mezzo di trasporto. A livello urbano una delle prime esperienze fu in Italia quella di Bologna che rese gratuiti i trasporti pubblici nell’aprile 1973. Quaranta anni dopo adottava la stessa politica, Tallin, la capitale dell’Estonia. In entrambi i casi così come in molti altri, i risultati non furono in linea con le attese. La frequentazione dei mezzi collettivi aumentò in misura significativa ma fu marginale l’effetto sull’uso dell’auto. Un risultato che non dovrebbe troppo stupire se si considera il fatto che già nella situazione di partenza il prezzo di biglietti e, ancor più, abbonamenti di autobus e tram è di molto inferiore al costo di utilizzo dell’auto. Sono pochissimi coloro che non si servono dei mezzi pubblici perché troppo costosi. Se l’auto viene preferita per la stragrande maggioranza degli spostamenti è perché, pur essendo più cara, consente un significativo risparmio di tempo rispetto alle alternative. In Italia chi utilizza i treni non copre in nessun caso i costi di costruzione della infrastruttura e, nel caso dei servizi regionali, solo una quota minoritaria dei costi di produzione del servizio: per ogni chilometro percorso si pagano in media 5,4 centesimi (la quota a carico delle Regioni è pari a 10,6 centesimi).

Un viaggio di cinquanta chilometri costa quindi 2,7 €; in auto si spende quattro o cinque volte di più. Il tempo necessario per effettuare quello spostamento, comprensivo del percorso tra l’origine e la stazione di partenza e di quello dalla stazione di arrivo alla destinazione finale, è superiore a un’ora che ha un valore monetario intorno ai 10 €. Anche qualora il viaggio venisse regalato, il costo complessivo per il viaggiatore, dato dalla somma di denaro e valore del tempo, si ridurrebbe di circa il 20%. Il numero di spostamenti complessivi potrebbe aumentare intorno al 10%: la maggior parte di essi sarebbero viaggi prima non effettuati e i restanti sostituirebbero percorsi in auto.

Rendere gratuiti i trasporti collettivi ridurrebbe quindi indicativamente l’uso dell’auto di pochi punti percentuali.

Sulla base di questo valore indicativo possiamo stimare qual sarà la riduzione delle emissioni di CO2 che ci si può attendere nell’esperimento tedesco. In Germania le auto producono annualmente poco meno di 100 milioni di tonnellate di anidride carbonica; nei tre mesi interessati dal provvedimento la quantità è intorno ai 25 milioni. Ipotizzando ottimisticamente che essa venga ridotta in misura pari al 5% se ne risparmierebbero 1,25 milioni.

Considerato che il Governo dovrà versare alle imprese ferroviarie 2,5 miliardi necessari a coprire le minori entrate, il costo del provvedimento per tonnellata di CO2 risparmiata si aggira intorno ai 2000 € ai quali occorre sommare la riduzione delle entrate fiscali che derivano dal minor uso dell’auto e che superano i 300 €.

Poche emissioni evitate, dunque, e a un costo molto alto. All’incirca metà delle emissioni nel mondo potrebbero essere abbattute per meno di un ventesimo di questa cifra.

Non sembra precisamente un esempio da imitare. Però, si può fare peggio. È il caso della costruzione della prima tratta della nuova linea AV tra Salerno – Reggio Calabria, da Battipaglia a Praia. Sono 127 chilometri di cui ben 54 in galleria. Il Ministro Giovannini ha affermato che l’infrastruttura “produrrà rilevanti benefici ambientali”. Ma, a fare bene i conti, si scopre che le maggiori emissioni causate dalla costruzione dell’opera sono pari a oltre l’80% di quelle che saranno evitate nel corso dei primi trenta anni di utilizzo. E che, a fronte di un investimento pari a 7,7 miliardi, verranno risparmiate 272mila tonnellate di CO2; l’investimento unitario per tonnellata risulta quindi pari a quasi 28mila €.

Al confronto, quella tedesca sembra quasi una buona pratica.