Per i trasporti, governare e regolare i mercati che non funzionano, non pianificare inutili e costose infrastrutture: questa potrebbe essere la sintesi del libro. Il settore infatti non presenta maggiori problemi di scarsità fisica di infrastrutture, che è il “leitmotiv” di tutti i piani di trasporto: più strade, più ferrovie, più aeroporti, più tutto, e soprattutto più soldi. Ma la popolazione decresce, soprattutto al sud, e i sistemi soffrono di cattiva manutenzione e di una “governance” del tutto inadeguata.  La “governance”, cioè l’assetto proprietario e funzionale che è alla base di mercati efficienti, viene logicamente a monte della regolazione, che dovrà poi controllare che i mercati politicamente decisi funzionino decentemente. Perché avere un colosso ferroviario pubblico per i servizi, se è verificato, anche in Italia, che questi funzionano meglio in concorrenza? Al contrario, perché privatizzare le infrastrutture autostradali, noti monopoli naturali come tutte le infrastrutture? Le ragioni ci sono, e molto chiare: per mantenere alcuni settori ci vogliono fiumi di risorse pubbliche, altri al contrario queste risorse le generano, e le si spartiscono con i privati. Ma la soluzione non è certo prendere atto di queste situazioni, ma fare bene i conti, e decidere poi riforme che prescindano dal conservare ad ogni costo l’esistente. Con una modesta dose di innovazioni gestionali, si aprono praterie per far funzionare meglio un sistema palesemente ingessato dagli interessi costituiti.
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