22 settembre 2023
di Marco Ponti
Stanno emergendo una serie di gravi deficienze nella gestione della sicurezza per le manutenzioni ferroviarie, sia sul versante delle responsabilità delle ferrovie (Trenitalia e Rete Ferroviaria Italiana) che di quelle della ditta in subappalto, anche se rimane al momento controversa l’esatta ripartizione delle responsabilità del dolorosissimo evento di Brandizzo. E’ adombrata da alcune fonti persino l’ipotesi del dolo.
Di certo c’è solo l’impossibilità tecnica per il macchinista di evitare l’incidente “a vista”, data la lunghezza degli spazi di frenatura di un treno che si muova a velocità elevata.
E’ anche certo che non si trattava di un treno “ad orario”, ma di un convoglio tecnico per lo spostamento di vagoni, e per questo avrebbe richiesto una attenzione particolare nel segnalarne la marcia.
Ma come valutare in un’ottica più generale e strategica il livello di sicurezza del sistema ferroviario italiano nel suo complesso? Nonostante l’inevitabile aridità dell’approccio, non c’è altra via che quella dei confronti statistici.
E’ necessaria una premessa: nelle attività umane caratterizzate da un altissimo numero di eventi potenzialmente fonti di pericolo, la sicurezza assoluta non è mai ottenibile, perché il concatenarsi di cause avverse che generano gli incidenti ha un’alta probabilità di accadere, tanto maggiore quanto sono numerosi gli eventi. E i trasporti sono ovviamente inclusi in tali attività.
I confronti statistici possibili si articolano in tre direzioni: l’andamento temporale dell’incidentalità, i confronti con realtà nazionali analoghe, ed i confronti con altri sistemi di trasporto. Questo ovviamente a prescindere dalle responsabilità specifiche di ciascun evento, la cui analisi rimane essenziale e doverosa.
Iniziamo dall’andamento nel tempo degli incidenti ferroviari mortali, e iniziamo dal contesto ferroviario europeo. Questo vede una tendenza alla diminuzione degli incidenti. La misura più ragionevole non è né il numero assoluto né quello per abitante: dipende dal numero di eventi significativi, che per le ferrovie sono i viaggi in treno, cioè il traffico ferroviario (espresso in passeggeri moltiplicati per i Km percorsi).
In relazione a questo indicatore gli incidenti risultano sistematicamente in calo, e mostrano numeri piccoli rispetto agli altri sistemi di trasporto. L’andamento decrescente ovviamente non è lineare per gli anni in cui vi sono incidenti di particolare gravità: nell’ultimo ventennio gli incidenti più gravi sono avvenuti in Spagna (Santiago per l’Alta Velocità) e in Italia (Viareggio per la fuoriuscita di GPL), ma anche in Italia la tendenza è decrescente.
Il confronto con altri paesi europei vede l’Italia allineata con Francia e Germania oltre che per la tendenza decrescente anche per i numeri per unità di traffico ferroviario.
Vediamo ora rapidamente il confronto con gli altri modi di trasporto. L’ordine di grandezza assoluto è eloquente: in Italia siamo intorno alla decina di morti all’anno in media in ferrovia rispetto ai 3000 del sistema stradale. Anche se gli eventi nel sistema stradale (i viaggi) sono un ordine di grandezza più elevati, la differenza è di due ordini di grandezza (decine contro migliaia). I confronti con il sistema aereo vedono quest’ultimo ancora più sicuro delle ferrovie, ma il dato è alterato dall’estrema lunghezza media dei viaggi aerei.
Per ribadire infine la rilevanza del numero di eventi significativi nell’incidentalità, si ricorda che gli incidenti mortali domestici (cadute ecc.) generano in media più di 6.000 vittime all’anno.
Vediamo ora se in Italia vi possono essere solidi indizi di sottofinanziamento per la sicurezza nel sistema ferroviario, anche se questo parametro ha una significatività incerta: una cattiva organizzazione o una bassa produttività nell’uso delle risorse darebbe luogo comunque ad una elevata incidentalità, il che tuttavia, come abbiamo visto, non sembra confermato dai dati.
Bene, i finanziamenti pubblici alle ferrovie italiane sono straordinariamente elevati, superando in media i 10 miliardi di Euro annui, includendo i nuovi investimenti e le manutenzioni straordinarie, che vanno di per sé ad accrescere la sicurezza.
Si tratta di trasferimenti a diversissimo titolo che hanno generato un ammontare su un trentennio dell’ordine di grandezza di poco meno del 20% del debito pubblico nazionale.
Nessun serio segnale dunque di sottofinanziamento, tuttalpiù del contrario.
Si ribadisce che questo quadro non ha nulla a che vedere con le responsabilità specifiche dell’incidente di Brandizzo, che possono essere gravissime, anche nella gestione degli affidamenti a ditte esterne.
Ma a livello di sistema di trasporto, le ferrovie italiane sembrano sicure (rispetto per esempio a quelle polacche o ungheresi, che vedono numeri ben diversi, rimanendo nello scenario europeo).
Sulle cose da fare per ridurre le vittime nei trasporti, se si accetta che ogni vita umana abbia lo stesso valore, sembrerebbe allora che il settore su cui è più urgente intervenire sia quello stradale, dove la causa maggiore è l’eccesso di velocità, largamente tollerato su gran parte della rete viaria, e dove la tecnologia consentirebbe interventi molto significativi e a basso costo (e qui siamo anche lontani dagli obiettivi di sicurezza europei).
Il che ovviamente non esenta le ferrovie da fare ogni sforzo “in casa propria” per evitare che eventi così dolorosi come quello di Brandizzo si ripetano.