17 ottobre 2023
di Marco Ponti
C’è un nesso tra sicurezza e concorrenza? A vedere il famoso film di Ken Loach sui ferrovieri delle manutenzioni (“Paul, Mick e gli altri”, trasmesso recentemente in televisione) sembrerebbe di sì ma sarebbe un nesso negativo. La concorrenza creerebbe una pressione a ridurre i costi, dovuta alla necessità di fare profitti, che andrebbe a detrimento della sicurezza.
Una prima osservazione: la concorrenza tende a ridurre i costi, certo, ma riduce anche i profitti, cioè le rendite di monopolio. Tale riduzione di costi e profitti in un servizio pubblico ben gestito può trasformarsi in maggiori servizi o ridotte tariffe.
Ma a vedere una recente inchiesta televisiva di “Report” il nesso sembrerebbe di segno opposto. Infatti viene argomentato con efficacia che gli affidamenti a privati poco hanno a che fare con la concorrenza, al massimo si può chiamare una ripartizione del mercato dove agiscono, a volte ruotando, sempre le stesse imprese, senza che questo abbia provocato una qualche reazione da parte delle ferrovie, unico acquirente dei loro servizi.
In termini tecnici, si potrebbe chiamare un “oligopolio collusivo”.
“Report” evidenzia che in questo modo ferrovie e manutentori erano con gli anni diventati molto amici. Forse troppo amici, a vedere i risultati degli scarsi controlli che le ferrovie facevano sulle prestazioni di queste imprese, anche in tema di sicurezza del lavoro.
E la tragedia dei cinque operai travolti e uccisi da un treno a Brandizzo sembra avere molto a che vedere con controlli inadeguati.
C’è una seria ipotesi che molte forniture ferroviarie abbiano situazioni di ridotta concorrenza, a motivo di due argomenti in sé rilevanti: la continuità tecnologica e l’esperienza specifica.
La continuità tecnologica consiste nel fatto che il venditore producendo un maggior numero di articoli può avere economie di scala (cioè minori costi), ed il compratore preferisce non cambiare macchinari o impianti, perché ha addestrato il proprio personale su un tipo, e sarebbe costoso e lungo ri-addestrare gli addetti, cambiare le sub-forniture ecc..
Tra imprese private in concorrenza questo è perfettamente logico. Si cambia solo se c’è una chiara convenienza economica.
Ma vale una logica strettamente economica per un’impresa pubblica monopolistica e sussidiata come le ferrovie (FSI)? Certo le pressioni sono minori, molto minori, e il quieto vivere risulta una scelta alternativa più che possibile.
È una tendenza canonica per i monopoli, ed inoltre quelli ferroviari hanno vincoli ulteriori: ogni impresa ferroviaria nazionale ha propri standard e regolamenti, per cui ben poco è davvero intercambiabile. L’Unione Europea sono decenni che si sforza di creare un mercato concorrenziale di servizi e forniture, con risultati modesti.
Sulla sicurezza tuttavia le ferrovie italiane statisticamente non figurano male in Europa, al contrario dei paesi ex-socialisti (che hanno anche meno risorse economiche da investire a supporto ai loro sistemi ferroviari).
Ma per quanto riguarda i costi? Gli incidenti mortali hanno giustamente un forte impatto mediatico, per cui gli incentivi a minimizzarli sono comunque forti. E complessivamente questi incentivi per le ferrovie italiane hanno funzionato (zero incidenti non è mai possibile).
Non è la stessa cosa per i costi: qui gli incentivi alla loro riduzione sono davvero deboli per le ferrovie. Infatti come si è detto FSI è un’impresa pubblica, sussidiata (più di dieci miliardi all’anno), monopolista in importanti comparti, ed è “impresa dominante” anche dove operano privati (merci e AV).
Avere più concorrenza ovviamente non solo ridurrebbe i costi (si pensi a quanto è successo nel settore aereo con la nascita delle compagnie low-cost), aumentando la pressione sulle forniture di beni e servizi, ma è probabile che non diminuisca affatto la sicurezza.
Infatti entrerebbe in gioco come incentivo l’elemento reputazionale, cioè il rischio di uscire dal mercato per scarsa affidabilità. Guardando di nuovo al settore aereo, per questo motivo con l’apertura alla concorrenza la sicurezza ha continuato ad aumentare, e in modo rilevante.
O’Leary, il padrone di Ryan Air, ha dichiarato che lui economizzava su tutto, ma non sulla sicurezza, perché se avesse avuto un incidente grave questo a lui sarebbe stato attribuito ai risparmi sulla sicurezza. Per una società pubblica che non può fallire questo incentivo, pur presente, è molto attenuato.