Un altro governo se ne va: nulla cambia per i trasporti
Nell’elenco delle cose non fatte e che si dovevano fare non si sa proprio da che parte incominciare. E quelle fatte era meglio non farle.
La legge sulla concorrenza è stata approvata ma con lo stralcio della normativa sui taxi (un pessimo segnale di cedimento alle corporazioni). Per quanto riguarda i trasporti pubblici locali, l’obbligo di affidamento dei servizi mediante procedure di pubblica evidenza previsto nel testo originario (come lo era nel “Decreto Burlando” di cui ricorre quest’anno il 25° anniversario) è venuto meno in quello approvato. E gli enti locali, “giudici” delle gare, potranno ancora essere concorrenti, concorrendo con le loro imprese.
ITA sarà venduta, ma il 49% rimarrà in mano pubblica: si vuole mantenere una solida protezione a quell’impresa dalla concorrenza, visto che di nuovo non potrà fallire qualsiasi cosa farà.
La vicenda della buonuscita plurimiliardaria ad Autostrade per l’Italia è non solo imbarazzante in sé, ma sarà fatta pagare ancora agli utenti, che pure quelle infrastrutture le hanno già ammortizzate. La vicenda della “revoca revocata” delle autostrade abruzzesi è un altro episodio poco edificante.
La regolazione delle ferrovie rimane un tema intoccabile e latitante. Una volta dimostrato nei fatti che sulla rete AV e nel settore del trasporto merci possono operare con successo aziende in competizione tra loro quale giustificazione si può trovare per mantenere in mano pubblica le società che producono la maggior parte dei servizi, alterando il mercato due volte (privati contro pubblici che non possono fallire, e soggetti pubblici integrati verticalmente con l’infrastruttura entro la stessa società)? L’unica sembra la volontà di non introdurre la competizione nei servizi locali e in quelli di lunga percorrenza non-AV.
In compenso, si è riproposto un grandioso piano di investimenti ferroviari per il PNRR! Un fiume di soldi (in parte altrui) per una serie di opere, soprattutto nel mezzogiorno promosse a pieni voti da analisi affidate, come sempre, allo stesso destinatario dei fondi (FSI) che adotta una metodologia erronea.
E, come tutti i suoi predecessori, anche il ministro Giovannini ha continuato a ripetere il mantra del riequilibrio modale dalla strada alla ferrovia proponendo stime che, non temiamo di affermare, saranno nei prossimi anni smentite come quelle come puntualmente accaduto per quelle del passato. Ma gli investimenti fatti sulla base di quelle previsioni saranno irrecuperabili.