23 febbraio 2023
di Francesco Ramella
Negli ultimi decenni, oltre alla forte riduzione degli inquinanti atmosferici del trasporto stradale, notevoli progressi sono stati conseguiti anche con riferimento alla sicurezza: nella EU_15 il numero di vittime di incidenti stradali (Figura 1) è diminuito dalle 77mila del 1970 alle 17mila del 2019 (-78%); considerato che nello stesso periodo le percorrenze complessive sono quasi triplicate il tasso di mortalità si è ridotto del 92% (Figura 2).
Permangono peraltro forti divari tra Paesi: quello più virtuoso nella EU_28, la Svezia, ha un tasso di mortalità pari a un decimo di quello peggiore (Romania) e alla metà di quello italiano. Estendere ovunque le best practices potrebbe consentire di ridurre ulteriormente l’incidentalità che rappresenta oggi la più rilevante esternalità negativa del trasporto stradale stimata dalla UE pari a 296 miliardi/anno su un totale di 576.
Spesso, la narrazione del trasporto su strada è imperniata esclusivamente sugli impatti negativi. Meno frequente appare essere l’attenzione per i benefici che sono di gran lunga maggiori. Non esiste una stima ufficiale dell’utilità generata dalla mobilità che può essere in prima approssimazione stimata pari a 4,5 miliardi con un surplus (cioè al netto dei costi monetari e di tempo) intorno a 1,6 miliardi (Figura 3).
Le emissioni totali di CO2 nella EU_28 sono diminuite dal 1990 al 2019 del 26%, quelle del settore trasporti sono aumentate del 30% fino al 2015 per poi sostanzialmente stabilizzarsi.
Nello stesso periodo la quota di emissioni mondiali di gas serra attribuibile alla EU_27 è diminuita dal 15,3% al 7,3% e quella dell’Italia dall’1,7% allo 0,8% (Figura 4). La partita del clima si gioca e si giocherà sempre più in trasferta.
La strategia più efficiente per ridurre le emissioni è quella di applicare a tutti i settori una carbon tax omogenea e di lasciare a produttori e consumatori il compito di individuare le scelte di investimento e consumo in modo da minimizzare i costi di abbattimento. A tal riguardo si rileva come il settore del trasporto stradale in Italia e in Europa sia oggi assoggettato a una carbon tax virtuale per il tramite della tassazione dei carburanti che si attesta intorno ai 250€/tCO2 molto più elevata rispetto agli altri settori (Figura 5). Qualora si consideri l’ammontare complessivo della tassazione sul trasporto stradale in Italia l’erario incassa all’incirca 800€ per ogni tonnellata di CO2 emessa.
All’incirca la metà delle emissioni mondiali di gas serra potrebbero oggi essere abbattute a un costo inferiore ai 100€/t e 2/3 a un costo inferiore ai 200€/t.
Abbattere oggi le emissioni del trasporto stradale in Europa con politiche di riduzione della mobilità e di riequilibrio modale comporta dunque un costo opportunità molto elevato: alla riduzione di introiti fiscali devono essere sommati i maggiori investimenti e sussidi. Tale costo è destinato a crescere nel tempo con la progressiva riduzione delle emissioni unitarie dei veicoli.
A parità di risorse impiegate sarebbe possibile ottenere una riduzione di emissioni molto più elevata agendo nel breve/medio termine in altri settori/Paesi. Al contrario di quanto sembrano pensare alcuni tra i sostenitori della mobilità ciclistica – su molte piste è apparsa di recente la scritta “this lane fights climate change” – tale modalità di trasporto soddisfa una quota di mobilità molto modesta anche nei Paesi che più hanno investito risorse a favore delle due ruote. Nell’area metropolitana di Copenaghen la quota di percorrenze in bici è pari al 11% contro il 76% dell’auto (Figura 6).
Le emissioni pro-capite di CO2 nel settore dei trasporti nei Paesi Bassi e in Danimarca sono analoghe a quelle degli altri Paesi europei. Garantire maggiore sicurezza a chi predilige le due ruote è doveroso e in ambito urbano sarebbe efficiente introdurre o estendere ove già presenti, sistemi di pedaggio poiché la congestione rappresenta di gran lunga la maggiore esternalità nelle aree più dense ma avendo consapevolezza che si tratta di provvedimenti sostanzialmente irrilevanti sotto il profilo ambientale e che il cambio modale da auto a bici ha un impatto moderatamente negativo in termini di incidentalità. A scala nazionale analoga consapevolezza dovrebbe riguardare gli investimenti infrastrutturali. Ammodernamenti di linee ferroviarie o di tratte stradali e autostradali possono essere giustificati in presenza di elevati livelli di domanda e di condizioni prossime al pieno utilizzo della capacità. Nuove “grandi opere”, con possibili eccezioni, presentano oggi benefici per gli utenti molto inferiori ai costi di costruzione e gestione e sono spesso propugnate – come nel caso della nuova linea Torino – Lione – sulla base di stime di domanda del tutto inverosimili e senza tenere nella debita considerazione il fatto che nei prossimi decenni la popolazione del nostro Paese è destinata a contrarsi in misura non irrilevante.