13 maggio 2024

di Marco Ponti

L’attuale sistema autostradale è per parere quasi unanime un disastro, frutto di decisioni contraddittorie dei molti governi che lo hanno gestito. C’è poco da perdere a cambiarlo.

Già la logica che ha stabilito che alcune strade a quattro corsie siano a pagamento e altre siano gratuite ha creato assurdi squilibri tra strade con funzioni analoghe.

Poi ci sono più di trenta concessionari con regole tariffarie diverse, cosa che comporta anche problemi di equità tra gli utenti. Infine c’è un concessionario che da solo serve più traffico di tutti gli altri messi insieme (Aspi, oggi pubblica), mentre è stato dimostrato che le economie di scala ci sono solo fino a 300 km, poi non esistono più.

La riforma proposta recentemente dal ministro dei trasporti Matteo Salvini, come è stato sottolineato anche qui, è certo molto vaga, e questa vaghezza rischia di lasciare irrisolti molti problemi soprattutto nei rapporti con i concessionari attuali.

Poi è inutilmente accentratrice: crea una super-azienda pubblica nuova, messa a Roma, mentre dimentica un fatto essenziale: anche sulle autostrade oggi il traffico è quasi tutto di breve percorrenza, cioè sta dentro i confini regionali.

Ciò premesso però, il principio di fondo della proposta non è affatto sbagliato. Ovvero che è ragionevole che a servizi uguali corrispondano tariffe uguali. A parte aspetti minori, tutte le autostrade danno lo stesso servizio. E anche che i veicoli che passano su grosso modo generano costi di manutenzione simili qualsiasi siano le autostrade su cui viaggiano

Qui ci vorrebbe però una specificazione importante che la proposta per ora non cita, ma che si potrebbe facilmente applicare: occorrerebbe che le tariffe distribuissero i traffici tra autostrade e la viabilità ordinaria in modo da ridurre per quanto possibile la congestione.

Usare le tariffe per ridurre la congestione è uno strumento molto efficiente, ed è usato in molte città del mondo, tra cui Milano.

Ma rimarrebbero fuori gli investimenti, cha adesso vengono fatti pagare con le tariffe a chi li usa. Questo però è molto inefficiente, e contrasta con il miglior uso delle strade di cui si è detto sopra: una autostrada nuova non congestionata finisce per costare molto di più di una statale parallela congestionata (e magari anche pericolosa a causa degli attraversamenti urbani).

E’ anche ingiusto: perché gli utenti di una autostrada nuova devono pagare molto di più di quelli di una già ammortizzata? Il servizio che ricevono è lo stesso.

Ma se i ricavi complessivamente non bastassero, non è un problema alzare la quota fissa della tariffa (quella delle manutenzioni, per intenderci), mantenendo tutti i vantaggi del controllo tariffario della congestione.

Rimane il problema di assicurarsi che i concessionari facciano bene le manutenzioni e l’esazione dei pedaggi, ma per questo basta mantenere (e migliorare) sia la concorrenza tra di loro, sia un sistema di premi e penali, noto come “price cap”.

Invece però, al contrario dello spirito accentratore della proposta salviniana, occorre che le regioni assumano un ruolo centrale. Infatti, non solo la gran parte dei traffici viaggia in ambito regionale, ma anche i problemi di congestione e di inquinamento oggi sono su scala locale, che è dunque molto più fisiologica di quella “centralista”.