di Giorgio Stagni
La ferrovia può vantare una lunga tradizione di affinità con i temi ambientali e sociali, ben prima che si introducessero i concetti della transizione ecologica. È anche da sempre il modo di trasporto terrestre più sicuro. Tuttavia, negli ultimi anni sta soffrendo di un insieme di mali che ne riducono la competitività: in primo luogo un approccio ipergarantista verso la sicurezza, che allunga i tempi di viaggio e incrementa i costi di gestione, a fronte di benefici reali difficilmente misurabili. Una larga fetta del sistema ferroviario è, ormai da due decenni, di competenza delle Regioni e questo ha determinato un trend di sviluppo molto diversificato, che spesso si è tradotto in un risultato tendenzialmente conservativo dello status quo. In quanto sussidiata con risorse pubbliche, la ferrovia richiede una particolare attenzione all’efficacia della spesa; nel campo del trasporto passeggeri, il primo e principale indicatore di efficacia è l’incremento del numero dei viaggiatori. Dal momento che il sistema ferroviario è per sua natura molto vincolato e ha le caratteristiche di un bene limitato, per garantire un buon funzionamento, e dunque ambire ad incrementarne l’utilizzo, non è sufficiente rendere disponibile l’infrastruttura, come accade per le strade. Occorre invece progettarne con cura il funzionamento, sia in termini di hardware – le linee ferroviarie, la tecnologia, i treni – sia, soprattutto in termini di software, cioè di struttura dei servizi, orari, coincidenze, sistemi tariffari, informazioni all’utenza. Esistono tecniche codificate, per esempio nella progettazione degli orari, ma anche regole empiriche, che legano ad esempio la frequenza con la capillarità, e che possono aiutare a valutare l’aspettativa di successo di vari progetti, anche infrastrutturali, come l’aggiunta di una nuova stazione o la sua localizzazione.