29 aprile 2025

di Andrea Pezzoli

Rapporti complessi quelli tra regolazione e concorrenza. Caratterizzati da reciproche “invasioni di campo”, da confini non sempre ben definiti. La regolazione interviene ex ante, solo quando il mercato “fallisce”? (la regolazione “confinata” a competition enforced by law?). L’antitrust interviene ex post (e il controllo delle concentrazioni? I rimedi senza i quali la concentrazione sarebbe proibita? Non sono interventi ex ante?).

Di fatto, molte le occasioni nelle quali la sovrapposizione è pressoché inevitabile, anche senza smanie di protagonismo.

L’autorità di regolazione e l’autorità antitrust entrambe indipendenti, alle quali non di rado la politica, più o meno esplicitamente, chiede di farsi carico di decisioni di carattere politico. Decisioni rispetto alle quali non intende assumersi responsabilità.

Ce n’è in abbondanza per dire fin da subito che, per quanto complicata, la collaborazione tra regolazione e concorrenza è una via obbligata.

Nel settore dei trasporti, senz’altro.

I trasporti sono un settore decisamente ampio – trasporto aereo, marittimo, gomma, ferro, lunga e breve distanza,  porti, aeroporti, rete ferroviaria, logistica…- dove le preoccupazioni concorrenziali tipiche dei servizi a rete, legate all’integrazione tra infrastruttura e servizi, si affiancano a quelle legate agli obblighi di servizio pubblico, alle resistenze corporative dei tassisti e a quelle meno specifiche del settore come la collusione in occasione delle (poche) gare per l’affidamento dei servizi di trasporto pubblico o gli abusi escludenti di prezzo (prezzi troppo bassi, “predatori”, non replicabili anche da un concorrente efficiente) o “di sfruttamento” (troppo alti).

Un settore dove già i “nodi di sempre” non sono affatto semplici da sciogliere ma che negli ultimi anni si trova a fronteggiare – come si usa dire nei convegni – “nuove sfide” sia sotto il profilo concorrenziale che della regolazione.

Innanzitutto, come in altri settori il rapporto tra concorrenza e sostenibilità ambientale richiede una crescente attenzione.

È sufficiente citare la questione della mobilità elettrica per comprenderne la portata. Al riguardo, tuttavia, va detto che concorrenza e sostenibilità vanno assai più d’accordo di quanto generalmente si creda. Citando il titolo italiano di un bel film francese, si potrebbe dire che sono “Quasi Amici”. 

Rapporti meno amicali quando la sostenibilità costituisce un alibi per restringere la concorrenza come nel caso del cartello tra le principali case automobilistiche per il riciclaggio di veicoli fuori uso, di recente sanzionato dalla Commissione Europea con una multa di 458 milioni di euro.

E quando i due obiettivi possono entrare in conflitto la normativa sulla concorrenza è già attrezzata – con l’art. 101 (3) del TFUE – per una valutazione equilibrata di intese restrittive ma autorizzabili in ragione dei benefici che procurano ai consumatori o, almeno, anche ai consumatori. A patto, però che i consumatori siano disponibili a pagare per la maggiore sostenibilità.

Laddove, invece, i consumatori di oggi non fossero disponibili a sopportare i costi di prodotti e servizi più sostenibili e i benefici potranno essere goduti dalle generazioni future, allora dovrebbe essere la politica a prendere decisioni di carattere eminentemente distributivo, non certo un’autorità indipendente, non democraticamente eletta.

L’obiettivo di un’autorità antitrust non può che essere la tutela del processo competitivo. Solo indirettamente – un’esternalità “consapevole” della propria missione – può favorire interessi generali che implicano valutazioni di tipo “politico” e distributivo (peraltro difficili da ignorare) come la sostenibilità o il contrasto alle diseguaglianze.

Analogamente – ed è questa un’ulteriore “nuova sfida” – non dovrebbe esserci tensione, ma complementarità tra concorrenza, regolazione e la crescente richiesta di politica industriale. Trasporti più concorrenziali e efficienti sono una componente importante delle misure volte a promuovere la competitività.

In questa prospettiva, ad esempio, vanno valutati i profondi mutamenti in atto nel trasporto marittimo e nella portualità. Una prospettiva non ostile alla crescita dimensionale in quanto tale (le imprese devono essere grandi per essere efficienti) ma preoccupata delle implicazioni che i processi di integrazione possono avere in termini di potere di mercato, tale da consentire strategie monopolistiche abusive.

Una prospettiva che beneficerebbe di un assetto regolamentare meno frammentato e di una più chiara definizione dei poteri dell’Autorità di Regolazione.

Una terza “nuova sfida” emerge dal crescente e diversificato ruolo svolto dai dati e dalle piattaforme digitali nel confronto concorrenziale che caratterizza i diversi segmenti dei trasporti. Condotte restrittive piuttosto tradizionali, come il tying o l’accesso a un’infrastruttura “essenziale”, vengono riproposte – si potrebbe azzardare – in “salsa digitale”.

Nel 2021, ad esempio, una decisione dell’AGCM ha considerato abusiva e sanzionato con una multa di oltre 1,2 miliardi di euro la condotta di Amazon per la quale se un rivenditore voleva essere sicuro di avere il “bollino” Prime (che gli consente di apparire nelle prime schermate) doveva comprare da Amazon anche i servizi di logistica, distorcendo la concorrenza con gli altri operatori, eventualmente più efficienti.

È interessante ricordare, inoltre, come l’AGCM abbia considerato abusive e sanzionato nel 2018 e nel 2021 le condotte dei vecchi gestori che, alla scadenza dell’affidamento del servizio di tpl, a Padova e a Bolzano, si sono rifiutati di fornire dati e informazioni “essenziali” alla stazione appaltante per ostacolare il disegno della gara e rimandare il momento del confronto concorrenziale.

Ma il limitato ricorso alle gare nel trasporto locale, ancor più che dalle condotte delle imprese, dipende dall’ostilità delle amministrazioni locali, dai loro legami con i gestori e dal timore che la selezione di un gestore più efficiente potrebbe avere effetti negativi in termini occupazionali e di consenso politico. (almeno nel breve).

L’inadeguatezza delle politiche attive del lavoro e l’assenza di misure di welfare spiegano come la concorrenza e il mercato (che è una costruzione umana) senza il supporto di una buona regolazione e di un intervento pubblico non distorsivo difficilmente possano funzionare.

L’economia digitale solleva questioni assai più complesse quando si osservano gli sviluppi delle strategie di prezzo dei principali (e non solo i principali) operatori.

In particolare, nel trasporto aereo il ricorso agli algoritmi di prezzo propone sfide veramente nuove sia sotto il profilo della discriminazione/profilazione (eccessiva? efficiente? poco trasparente?) sia per i rischi di collusione.

Su questo tema, con particolare riferimento ai collegamenti con le isole maggiori, l’AGCM sta svolgendo un’indagine conoscitiva, a conclusione della quale potrà anche imporre rimedi strutturali, a prescindere dall’esistenza di violazioni della disciplina antitrust.

Anche in questo caso, il confine tra regolazione e concorrenza è piuttosto sottile, a fronte di rilevanti responsabilità.

Infine, tra le novità – non parlerei di “nuove sfide” – possiamo annoverare una sorta di ritorno al passato: la riproposizione degli ostacoli all’ingresso di un nuovo concorrente. Ora che la capacità della rete ferroviaria è satura, la semplice separazione societaria, che per anni sembrerebbe, tutto sommato, aver funzionato, potrebbe, sotto pressione, rivelarsi insufficiente. Da poche settimane l’AGCM ha avviato un’istruttoria al riguardo.