22 aprile 2024

di Marco Ponti

Aspetti generali dell’analisi ufficiale

L’analisi originale è molto datata (2012), ma appare aggiornata in modo sostanziale nel 2023, e ancora nel 2024 per alcuni aspetti; quella definitiva è posteriore alla decisione politica di realizzare l’opera, prassi difficilmente difendibile.

Presenta risultati moderatamente positivi, anche se occorre segnalare che non sono note in Italia analisi recenti come tutte quelle dei progetti infrastrutturali del PNRR, anch’esse effettuate a valle delle decisioni politiche, e promosse da soggetti destinatari dei fondi (cioè non “terzi” rispetto alle decisioni stesse) che diano risultati negativi.

Una prima osservazione metodologica riguarda una buona prassi internazionale per le analisi costi-benefici sociali (ACB), nota come “stay on the safe side”. Questa raccomandazione, che postula un prudenziale pessimismo, discende dall’oggettiva asimmetria tra costi (certi e vicini nel tempo) e benefici (meno certi e lontani nel tempo).

E questa asimmetria è confermata dai fatti. Storicamente, le valutazioni economiche delle grandi opere sono ovunque soggette a optimism bias: quasi sempre a consuntivo i costi risultano superiori a quelli stimati inizialmente, e i benefici più limitati.

Come si vedrà, non sembra che tale prassi sia stata seguita in molti passaggi critici dell’analisi ufficiale.

In particolare, non risulta applicata la consuetudine standard di prevedere un 10% di aumento dei costi (“contingencies”) nonostante si tratti di un progetto di straordinaria complessità tecnica, che postula anche soluzioni mai prima sperimentate.

(L’aver effettuato analisi di sensitività sui costi, pur essendo una buona prassi, non esenta da assumere un “punto di partenza” più elevato almeno del 10% rispetto ai dati di costo ufficiali)

Queste incertezze sui costi ovviamente si riflettono sul rapporto tra questi e i benefici socioeconomici attesi, che è alla base logica delle ACB.

Infine, molto rilevante è che l’analisi ufficiale non segue le indicazioni delle Linee Guida ministeriali, di considerare soluzioni alternative, quali quelle prospettate in particolare dallo studio ministeriale del 2021 sull’attraversamento dello Stretto (per esempio, un ponte a tre campate, o una soluzione con traghetti veloci).

L’argomento che sia prassi consolidata italiana non analizzare alternative non sembra ovviamente accettabile, dato in particolare la loro prospezione nello studio ministeriale sopra ricordato, e l’elevatissimo costo dell’opera in esame.

Le LL.GG ministeriali individuano tre classi di priorità:

  • classe di priorità 1 (molto alta): B/C >= 3:
  • classe di prioritarie 2 (alta) : B/C compreso tra 1,5 e 3 opere
  • classe di priorità 3 (media): B/C compreso tra 1 e 1,5.

Il rapporto B/C dell’analisi del Ponte sullo Stretto risulta pari a 1,42, quindi nella classe di più basso valore prevista dalle LLGG ministeriali.

Aspetti finanziari

È prassi irrinunciabile formulare accanto all’analisi economica anche una analisi finanziaria, ed infatti le LLGG la prevedono, ma questa analisi manca.

La sua assenza è tanto più rilevante in quanto l’opera comporta un rilevantissimo esborso finanziario a carico delle casse pubbliche, e questa assenza ha due rilevanti implicazioni che incidono sugli stessi risultati dell’analisi economica.

La prima riguarda il costo-opportunità marginale dei fondi pubblici (COMFP): le LLGG indicano i costi economici variare dallo 0 al 30% dei costi netti finanziari per lo Stato. 

Non è certo una indicazione obbligatoria, tuttavia l’assumere a priori nullo questo valore (l’ACB non lo nomina e non lo computa tra i costi) è indice di un atteggiamento non “on the safe side”.

Si ricorda che la base concettuale del COMPF risiede nella necessità di distinguere tra progetti che si autofinanziano (in tutto o in parte, come aeroporti o autostrade e lo stesso ponte) e progetti che incidono maggiormente sul debito pubblico (molto elevato in Italia), con una relativa penalizzazione di questi ultimi.

La seconda implicazione concerne il pedaggio per l’attraversamento del ponte, che è assunto nell’ACB pari al costo dei traghetti, scelta non motivata.

La tariffa per l’uso di una infrastruttura non dovrebbe essere stabilita in modo arbitrario, ma essere ottimizzata in funzione delle ovvie perdite di traffico (e quindi di benefici) che determina, cioè, valutando il trade-off ottimale tra la quota dei costi finanziari coperta dagli utenti e quella coperta dalle casse pubbliche.

Costi e benefici economici

A fronte di costi di costruzione e gestione, e al netto del valore residuo al termine del periodo di analisi, stimati pari a 10,6 miliardi, i benefici economici dati dalla somma di risparmi di tempo e riduzione di costi operativi dei mezzi di trasporto assommano a 9,1 miliardi.

Le ricadute positive per i passeggeri sono analoghe a quelle stimate in una valutazione indipendente pubblicata nel mese di agosto del 2023: nel primo anno di apertura al traffico dell’opera i risparmi di tempo comporterebbero un beneficio complessivo pari a circa 135 milioni.

Desta più di una perplessità il fatto che nella analisi ufficiale i risparmi di tempo per i veicoli merci conservati siano stimati, sempre nel primo anno di esercizio, pari a 365 milioni ossia quasi il triplo rispetto a quelli per i passeggeri nonostante che il numero di mezzi pesanti che oggi si servono dei traghetti sia intorno alle 800mila unità a fronte di più di dieci milioni di persone che attraversano ogni anno lo Stretto.

Inoltre, al traffico merci di veicoli leggeri e pesanti è stata attribuita una maggiorazione dovuta agli effetti del ponte variabile dal 10 al 20%, che appare sostanzialmente arbitraria, non essendo basata nemmeno su un’assunzione di elasticità al variare percentuale dei costi totali di viaggio, variazione che, soprattutto per il traffico di lunga percorrenza, appare molto piccola.

Per quanto riguarda il traffico passeggeri, si afferma che non si sono trovate correlazioni significative tra l’andamento demografico delle regioni interessate ed il traffico, per cui si è assunta una crescita costante pari al 1,5% annuo. Questa assunzione, in presenza di previsioni demografiche di una forte decrescita per le due regioni interessate al ponte, appare non “on the safe side”, cioè troppo ottimistica. Assumere una crescita nulla apparirebbe più prudente.

In ogni caso, anche qualora si considerino corrette tutte le assunzioni e i risultati della valutazione, stando ai dati prodotti dalla società Stretto di Messina, la costruzione del ponte, oltre ovviamente a comportare un rilevantissimo onere per le casse pubbliche, genera benefici economici inferiori ai costi per circa 1,5 miliardi di Euro.

Questo comporta che rispetto ad usi alternativi di quelle risorse, l’impatto economico risulta negativo.

Difficile in questo caso prevedere risultati di crescita ed occupazionali positivi, per esempio rispetto ad investimenti con maggiore occupazione locale e più stabile nel tempo, ricordando che opere di questo tipo presentano una elevata “intensità di capitale” e occupazione per la gran parte temporanea.

Benefici climatici

Il fattore che fa cambiare di segno all’analisi è rappresentato dai benefici in termini di riduzione delle emissioni climalteranti, valutato pari a 10,6 miliardi a valori correnti che equivalgano a 5,2 miliardi attualizzati al 3%.

Non entriamo nel merito alla quantificazione “fisica” delle emissioni: secondo gli autori della ACB, grazie alla costruzione del ponte e alla conseguente totale eliminazione dei traghetti tra Messina e Villa S. Giovanni, al trasferimento su ferrovia di una parte dei passeggeri che oggi utilizzano l’aereo e delle merci trasportate via nave, si conseguirebbe una riduzione di emissioni pari a 12,8 milioni di tonnellate di CO2 dal 2024 al 2063 (anno limite dell’analisi).

Si segnala per inciso che l’eliminazione totale dei traghetti si basa sull’assunzione che questo servizio non sia più in futuro sussidiato, e per questo non finanziariamente sostenibile, né che vi possano essere traghetti veloci e/o ibridi, mentre si assume la realizzazione di frequenti servizi di trasporto ferroviari locali, transitanti sul ponte, che sicuramente come ovunque postuleranno rilevanti sussidi pubblici.

Dal rapporto tra valorizzazione economica (10,6 miliardi) e ammontare di CO2 abbattuta (12,8 milioni), si evince che è stato stimato un beneficio unitario medio pari a 828€/tonnellata di CO2.

Come termine di paragone, il valore attuale delle quote di emissione di gas serra nel sistema europeo di scambio è pari a  67€ e il valore massimo raggiunto nel febbraio 2023 è stato pari a 105€.

È stato altresì stimato che oggi la maggior parte delle emissioni mondiali di CO2 potrebbero essere abbattute con un costo di gran lunga inferiore a quello preso come riferimento nell’analisi.

In sintesi, si può dire che la fattibilità socio-economica del ponte dipende criticamente da una ipotesi di riduzione delle emissioni straordinariamente inefficiente.

Questo nel senso che il costo sociale unitario di abbattimento che emerge dall’ACB risulta estremamente elevato, e non certo “on the safe” side.

Le osservazioni della Commissione VIA

Infine, queste recentissime osservazioni, per quanto riguarda l’analisi costi-benefici sono molto scarne (a riprova del ridotto peso assegnato in Italia a questo cruciale aspetto).

Ne emergono tuttavia alcune che è utile segnalare:

-Sembra che vi siano incertezze su quanto siano stati effettivamente rivalutati i costi rispetto al progetto iniziale.

-Si cita come prudente un possibile aumento dei costi rispetto alle previsioni, suggerendo quello medio riscontrato ex-post nella categoria dei “ponti”, pari al 26%.

Ma questo appare ancora troppo prudenziale: siamo di fronte ad un’opera con straordinarie caratteristiche e difficoltà tecniche, per cui sarebbe prudente usare una percentuale maggiore. Questa renderebbe il costo dell’opera superiore ai benefici stimati, e tuttavia anche usare solo il 26% quasi azzererebbe i benefici netti dell’opera. -I valori dei costi ambientali usati nell’ABC sono definiti “minimi”, ma si tratta di valori europei standard, non minimi. Tuttavia approcci metodologici diversi, di vasto impiego internazionale, portano a valori molto inferiori, come abbiamo visto.